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La Toscana nuova - Anno 4 - Numero 8 - Settembre 2021 - Registrazione Tribunale di Firenze n. 6072 del 12-01-2018 - Iscriz. Roc. 30907. Euro 2. Poste Italiane SpA Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv.in L 27/02/2004 n°46) art.1 comma 1 C1/FI/0074
Emozioni visive
a cura di Marco Gabbuggiani
E tu che occhi hai?
Testo e foto di Marco Gabbuggiani
La bellezza e la sensualità sono sempre negli occhi di chi
guarda e puoi vederle anche in una ragazza che legge un libro
al bar seduta in un angolo; possono essere però anche
rappresentate dalla sua pelle seducente nascosta tra ombre
e luci. La vibrazione che crea quella pelle resta in bilico
tra l’innocenza e la bellezza di chi gode della visione di
una cosa perfetta e… la volgarità di chi la guarda con occhi
sbagliati. Una sorta di equilibrio tra l’innocenza dell’uno e
la volgarità dell’altro. Da parte mia, amo troppo la donna
per farla scadere nella volgarità e in questa uscita presento
tre foto che amo particolarmente e che ho scattato un
po’ di tempo fa.
marco.gabbuggiani@gmail.com
Da oltre trent'anni una
realtà per l'auto in Toscana
www.faldimotors.it
SETTEMBRE 2021
I QUADRI del mese
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Carlo Conti: la mia carriera è iniziata al Poggetto
Intervista a Paolo Tedeschi, Communication Manager di Canon Italia
I racconti di luce del fotografo Alessandro Mayer
Sabine Weiss, l’ultima esponente della fotografia umanista francese
Paolo Hendel, campione della comicità made in Tuscany
La settima edizione del Castiglioni Film Festival
Al Museo Diocesano di Andria un’opera di Carmelo Fabio D’Antoni
Curiosità fiorentine: Boboli, il giardino dei fiorentini
Chiavacci Antichità: dal 1939, eccellenza antiquaria a Firenze
Il Museo archeologico e della Collegiata di Casole d’Elsa
Diego Romanacci racconta il progetto ECOArtsNFT
Indagine tra arte e storia: il frutto del peccato era proprio la mela?
Dimensione salute: grattarsi la testa per affrontare lo stress
Psicologia oggi: quando puntualizzare troppo rovina la coppia
I consigli del nutrizionista: come curare sovrappeso e obesità
Un ricordo di Vinicio Berti nel centenario della nascita
La sottile differenza: il nuovo romanzo di Federico Fabbri
Tutela dell’ingegno: la brevettabilità nel settore farmaceutico
L’avvocato risponde: la disciplina legale delle convivenze
Ali Banisadr omaggia Dante con una mostra a Firenze
Duilio Tacchi: dal colore, un nuovo dialogo con il visibile
Raccontare i territori con il Movimento Life Beyond Tourism
La voce dei poeti: le liriche di Isabella Cipriani
Le fotografie di Danilo Susi a Firenze per ARTOUR-O
Un anno di grandi progetti per l’artista Nikla Biagioli
Il Mugello per Dante con l’evento DurANTE l’anno
Jorge Goncalves Romero di nuovo a Venezia per Aqvart
Giuseppe Ferlito, regista e fondatore della scuola Immagina a Firenze
Maria Laura Sorìa Tonelli, la poetessa del silenzio interiore
Caravaggio e Michelangelo: un confronto tra due giganti dell’arte
Adrienne e Tamara de Lempicka: sorelle nella vita e nell’arte
Doppia mostra a Venezia e Firenze per l’artista Alma Sheik
Storia delle religioni: riflessioni sull’enciclica di papa Francesco
Concerto in salotto: Quartetto Cetra, una lezione di polifonia
Al cinema a casa: Wim Wenders incontra Sebastião Salgado
All’Auditorium al Duomo la collettiva di Napoli Nostra
Ritratti d’artista: materia e vita nelle opere di Vince
Barbara Briccolani, artista dalle tante anime
Michal Ashkenasi e Stephanie Holznecht protagoniste a Venezia
Al via la terza edizione della rassegna internazionale d’arte Aqvart
Stefania Silvari, una pittrice dall’innata capacità interpretativa
Economia post Covid: le nuove strategie dell’internazionalizzazione
La Fiorentina secondo l’ex attaccante viola Claudio Desolati
Toscana a tavola: le uova, un classico intramontabile in cucina
Di-segni astrologici: Vergine, il segno della terra e del benessere
Percorsi d’arte: il tabernacolo di via dell’Arcolaio a Firenze
B&B Hotels: la scelta migliore a Roma per qualità e prezzo
Il “cibo della memoria” dell’attore e regista Antonio Petrocelli
Benessere della persona: i profumi della Toscana sempre con te
Margherita Biondi, I fiori della proloco di Cutigliano,
acrilico su tela, cm 50x50
biondimargherita@gmail.com
Manuela Morandini, Il paesaggio chiantigiano,
acquerello su carta, cm 22x18
manuelamorandini@alice.it
In copertina:
Alma Sheik, Odalische (2021),
acrilico su tela, cm 70x70
Periodico di attualità, arte e cultura
La Nuova Toscana Edizioni
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Anno 4 - Numero 8 - Settembre 2021
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Testi:
Manuela Ambrosini
Luciano Artusi
Ricciardo Artusi
Francesco Bandini
Rosanna Bari
Ugo Barlozzetti
Margherita Blonska Ciardi
Doretta Boretti
Fabrizio Borghini
Lorenzo Borghini
Erika Bresci
Andrea Cafaggi
Viktoria Charkina
Jacopo Chiostri
Silvia Ciani
Isabella Cipriani
Alessandra Cirri
Carlo Conti
Nicola Crisci
Maria Grazia Dainelli
Aldo Fittante
Giuseppe Fricelli
Serena Gelli
Stefano Grifoni
Stefania Macrì
Chiara Mariani
Elisabetta Mereu
Mariagrazia Carmela
Minio
Emanuela Muriana
Lucia Petraroli
Elena Maria Petrini
Antonio Pieri
Matteo Pierozzi
Daniela Pronestì
Valter Quagliarotti
Barbara Santoro
Carmen Schipilliti
Michele Taccetti
Franco Tozzi
Foto:
Rosanna Bari
Margherita Blonska Ciardi
Doretta Boretti
Alessandro Botticelli
Andrea Cafaggi
Maria Grazia Dainelli
Rudy Falomi
Toti Lo Verde
Alessandro Mayer
Carlo Midollini
Sabine Weiss
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Giuliacarla Cecchi
by Pola Cecchi
Sfilata a Villa Viviani per Florence Dragon Ladies
Personaggi
Carlo Conti
La mia carriera è iniziata al Poggetto
di Carlo Conti
La prima Comunione alla chiesa dei Cappuccini officiata da padre Stanislao
Sono nato il 13 marzo 1961
a Firenze esattamente in
piazza Indipendenza, battezzato
in Battistero, ma sono
cresciuto e ho sempre vissuto
fino al 1982 in via Vittorio Emanuele,
all’altezza di quella che
era chiamata piazza Tavanti ma
che, in realtà, è sempre stata
una piazza anomala, uno slargo
dove c’era solo un “birillone”
luminoso nel mezzo che faceva
da rotatoria. L’identità di quella
piazza e di quella parte del Poggetto,
la si doveva più ai negozi
che vi si affacciavano come
il Bilaghi (elettricista e rivenditore
di elettrodomestici dove
ho comprato i miei primi 45
giri), Franco Fiori, il civaiolo, gli
ortolani, il ferramenta, il vinaio,
l’ottico Del Lungo, il fornaio, un
piccolo pizzicagnolo, il parrucchiere,
la farmacia, il negozio di
calzature Piero (dove i genitori
compravano ai bambini i sandali
blu con gli “occhi”), la cartoleria
Duanne (dove la mia mamma
andava nel periodo natalizio ad
aiutare a confezionare i pacchi
dei regali), il bar di Olga Vannucchi
sull’angolo della piazza,
la gelateria Baroncini… Era
un micromondo dove, nell’arco
di cento metri, trovavi tutto: una
sorta di piccolo centro commerciale
naturale a carattere molto
familiare. Sul lato di fronte, invece,
campeggiava l’antica Villa
Ramberg, dove aveva avuto
sede fino a qualche anno prima la scuola media Poliziano
e, sul marciapiede, l’edicola dei giornali dei genitori della
mia amica Mirta. E poi c’erano i cinema, dal vicinissimo
Adriano ai più distanti Flora, Romito, Faro, Vittoria e d’estate
andavamo in due arene, quella della Società di Mutuo
Soccorso di Rifredi e lo splendido Giardino Primavera con
doppio ingresso da via Taddeo Alderotti e da via Dino del
Garbo quasi dirimpetto alla scuola Matteotti. Le elementari
le ho fatte proprio lì, alla maestosa scuola Matteotti del viale
Morgagni. Ci ho fatto anche l’asilo che era in un edificio
prefabbricato fuori dal complesso scolastico che poi è stato
demolito. All’asilo ho avuto la maestra Miccinesi, mentre
alle elementari il mitico maestro Umberto Terzi, il vero
signor maestro, alto, imponente… indossava abitualmente
un completo grigio e camicia bianca: veramente fantastico!
La Matteotti era una scuola bellissima e mi sembrava
gigantesca; ma qualche anno fa ci sono ritornato e ai miei
occhi di adulto era ovviamente normale, anzi, quasi picco-
6
CARLO CONTI
la rispetto al ricordo! Succede a tutti, da
bambini ci sembra ogni cosa più grande
di quello che in realtà è. La mia passione
per la pesca è iniziata proprio lì, alla
Matteotti, dove al centro del cortile c’era
una vasca con dei pesci rossi che io
cercavo inutilmente di catturare durante
la ricreazione utilizzando delle molliche
di pane. Le medie le ho fatte alla Poliziano
che allora era in cima a via Massaia
dove oggi c’è la Facoltà di Ingegneria,
in una classe di tutti maschi. Come dimenticare
la professoressa Cipollaro di
Italiano e, soprattutto, la inflessibile professoressa
Spada di Matematica che ci
faceva tenere un quadernetto dove dovevamo
appuntare tutto in maniera maniacale,
dai voti alle motivazioni fino agli
errori fatti. Ai Cappuccini ho fatto Comunione
e Cresima, c’erano padre Ottavio,
padre Flavio e padre Stanislao che allora
era il parroco. Facevo il chierichetto e
c’era un medagliere con le presenze: non
ho mai vinto anche se mi sono sempre
piazzato bene. La chiesa dei Cappuccini
è stato il luogo che ho frequentato più
assiduamente. Andavo alla Casina a giocare
a pallone e anche al Poggetto dove
giocavamo nel campo dove negli anni
Settanta fu costruito l’attuale parcheggio
per le auto. Al Poggetto c’erano la
piscina e la pizzeria dove facevano una
pizza squisita. In casa i soldi erano pochi
e quando la mamma mi ci portava,
era quasi un evento… anzi, non quasi, era
proprio un evento! Per giocare alla Casina
dovevo portare il pallone perché, non
essendo un campione, non avrei giocato
mai. Nonostante ciò, talvolta venivo relegato
ugualmente a bordo campo e allora
ne approfittavo per fare delle improvvisate
radiocronache degli incontri. Si può
dire che la mia carriera è iniziata lì. Quella
zona era vissuta da persone che si
conoscevano, si salutavano, si frequentavano
e, all’occasione, si aiutavano. Era
una quotidianità fatta di riti che si ripetevano
ogni giorno come la colazione al
bar Vannucchi o l’acquisto del latte dal
Baroncini oppure il conto aperto dal panettiere
e dall’ortolano. Di quel meraviglioso
micromondo oggi è rimasto poco,
ma per chi ha vissuto quegli anni in quel
quartiere basta chiudere gli occhi per ricordare
con nostalgia perché erano anni
sicuramente fatti di cose più semplici e
povere, ma forse migliori.
Lolette, mamma di Carlo Conti, affacciata sul terrazzo della casa di via Vittorio Emanuele
Il piccolo Carlo mentre fa una linguaccia davanti al negozio dell'ortolano di piazza Tavanti
CARLO CONTI
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Personaggi
Paolo Tedeschi
A Cortona On The Move, il Marketing & Corporate Communication Senior
Manager di Canon Italia racconta le sfide presenti e future nell’azienda
leader nel settore dell’imaging
di Maria Grazia Dainelli / foto Carlo Midollini
Cosa significa ricoprire un ruolo così prestigioso?
Ogni giorno sento il peso delle mie responsabilità e
cerco di svolgere al meglio il mio lavoro che è quello di coordinare
le attività di comunicazione e i servizi di marketing e
allo stesso tempo gestire le relazioni esterne ed istituzionali.
Nel 2020, è stato inserito nella classifica dei cento direttori
marketing più autorevoli d’Italia secondo la prestigiosa
rivista Forbes. Può riassumerci il percorso professionale
grazie al quale è arrivato alla Canon?
È una grande soddisfazione aver ottenuto questo riconoscimento
quale conferma di una reputazione fatta di competenza,
passione e professionalità. Sono entrato in Canon
nel 2011, attraverso la selezione di un head hunter, e ho acquisito
il ruolo di Corporate Communication Senior Manager
nel 2016. Il business mantra che guida le mie scelte in
ambito lavorativo è questo: nel dubbio tra promuovere o proteggere
l’azienda, scelgo di proteggerla.
La vostra filosofia aziendale si fonda sul principio giapponese
del “Kyosei” che vuol dire “vivere e lavorare insieme
per il bene comune”. In che modo questo si riflette nei rapporti
tra i dipendenti e nel servizio all’utente?
Abbracciare questo principio è un modo anzitutto per ricordare
le origini dell’azienda, nata in Giappone nel 1937. La filosofia
del “Kyosei” mette al centro l’uomo, l’ambiente e la
sostenibilità, nella consapevolezza che solo lavorando in sinergia
per il raggiungimento di un obiettivo comune e quindi
“fare squadra” consenta di ottenere risultati importanti
per l’azienda e per gli utenti a cui ci rivolgiamo. Lavoro insieme
ad una squadra composta da quattro splendide donne:
Alessandra, Federica, Giada, Roberta. Adottiamo un modello
inclusivo fatto di fiducia reciproca, costante scambio di informazioni,
relazioni forti, profonde riflessioni e valutazioni etiche:
penso sia questa la chiave del nostro successo.
Da circa vent’anni Canon Italia pone attenzione ai temi
dell’ambiente e della sostenibilità. Con quali azioni concrete?
Penso sia evidente a tutti che da qualche anno è diventato
di moda parlare di sostenibilità ma fortunatamente anche
le mode aiutano ad individuare delle azioni concrete che possono
essere d’ispirazione per tutti o comunque per tanti. La
pandemia ha fatto capire al mondo di non essere ancora pron-
Paolo Tedeschi, il primo da sinistra, al Cortona On The Move
to a vivere in modo sostenibile. Canon ha anticipato i tempi
adottando già trent’anni fa una tecnologia riciclabile fino ad
arrivare all’80%. Mi piace sottolineare inoltre che molte delle
nostre forniture viaggiano su navi e non su aerei, per garantire
il minor impatto possibile sull’ambiente. Una scelta che ci
espone a maggiori rischi come il recente blocco del Canale
di Suez. Da sempre sostengo che questa sensibilità occorre
averla dentro di noi altrimenti è difficile costruirla, e la gente,
gli amici del brand e i follower se ne accorgono.
Come avete affrontato l’emergenza sanitaria?
Abbiamo istituito sin da subito un comitato di crisi che aveva
l’obiettivo di acquisire informazioni e procedure, analizzare
i dati dei vari territori sia a livello italiano che europeo per
condividerli costantemente e farli diventare conoscenza globale
con la massima attenzione verso il prossimo. Non ci siamo
mai fermati, abbiamo continuato a lavorare garantendo ai
nostri clienti assistenza e forniture. Quello di cui vado fiero è
che in Canon Italia non ci sia stato alcun contagiato per motivi
di lavoro in tutto il periodo dell’emergenza. Di fatto il comitato
di crisi ha raccolto tutte le informazioni dall’esterno per
farle diventare comunicazione interna e informazione costante
riguardo ai comportamenti da tenere in azienda, dai clienti
e, perché no, nella vita di ogni giorno. Canon è presente in tutti
i continenti e i manager di tutti i paesi che insistono sul territorio
EMEA hanno da sempre relazioni costanti tra loro utili
a capitalizzare le diverse competenze ed esperienze, accorciando
così i tempi per la realizzazione di azioni coordinate e
concrete. In un periodo così difficile abbiamo di fatto aumentato
i momenti di incontro e interscambio di informazioni onli-
8
PAOLO TEDESCHI
ne proprio con l’obiettivo di fare fronte unico nella lotta alla
pandemia e lavorare per il bene comune primario: la salute.
Che ruolo svolge Canon Accademy On Air?
In questo periodo complicato abbiamo dovuto decidere cosa
e quanto comunicare in termini di formazione ai professionisti
ma anche a chi ama la fotografia. Per questo motivo, Canon
Accademy è diventata Canon Accademy On Air, iniziativa che
ha riscontrato grande successo. Oltre che di fotografia nella
sua più ampia accezione, abbiamo parlato di video, Fine Art
e stampa fotografica con i professionisti della fotografia, da
quella matrimonialista a quella naturalistica e sportiva. Anche
il ruolo dei nostri social media è cambiato e, devo dire,
grazie all’impegno dei colleghi che ne hanno compreso la forza,
rendendo possibile così un cambio di passo immediato,
per la corretta divulgazione dei messaggi formativi e informativi
sulle varie piattaforme digitali. È stato un bel gioco di
squadra che continuerà anche nel prossimo futuro perché ci
siamo resi conto dell’importanza di tenere le lezioni in presenza
ma anche di avvalersi dei canali online per implementare
la divulgazione tecnica, mantenere aperto il dialogo con
il pubblico e rispondere in tempo reale alle sue richieste.
Fra i vostri principali obiettivi c’è quello di sviluppare nuovi
servizi per le aziende, accompagnandole nell’evoluzione digitale
e nell’innovazione tecnologica come fattori strategici
per l’ottimizzazione dei processi aziendali. Quali strumenti
mettete a disposizione?
Durante la pandemia abbiamo offerto ai nostri clienti momenti
di formazione da remoto indicando loro soluzioni concrete
rispetto al grande tema ormai non più procrastinabile
della transizione digitale. Perché oltre a fornire tecnologia
innovativa e soluzioni di stampa alle aziende, agli ospedali,
enti pubblici e privati, piccole e medi imprese, abbiamo sentito
l’esigenza di indicare come utilizzare al meglio la tecnologia
per promuovere la digitalizzazione e introdurre nuovi
modelli di business.
Canon è un’azienda attenta alla responsabilità sociale?
All’origine, il nome dell’azienda era “Kwanon” ovvero Dea della
Misericordia. Questo per dire che siamo consapevoli del
fatto che i risultati ottenuti sul mercato debbano in qualche
modo essere restituiti alla società anche attraverso piccoli
gesti, com’è successo ad esempio con la donazione di cinquecento
stampanti ad enti, strutture sanitarie, associazioni
ed ospedali da campo impegnati nella lotta al Coronavirus.
Insieme all’associazione AIDR e al suo presidente Mauro Nicastri
abbiamo provveduto ad inviare le stampanti a chi ne
aveva necessità – e i requisiti – mettendo a loro disposizione
anche un tecnico online per qualsiasi informazione sulla
procedura di installazione.
Paolo Tedeschi
PAOLO TEDESCHI
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Fotografi
contemporanei
A cura di
Maria Grazia Dainelli
Alessandro Mayer
Quando la luce racconta
di Maria Grazia Dainelli / foto Alessandro Mayer
L’evoluzione di Alessandro Mayer come fotografo nasce
dalla passione per il disegno e successivamente
dalla scoperta della fotografia analogica che, fin
dal suo esordio, gli ha permesso di lavorare con la pellicola
e di completare il processo anche in camera oscura. Ha iniziato
a documentarsi sulle opere dei grandi autori per conoscere
più da vicino e nel profondo questo mezzo espressivo
e, come per tutte le altre arti visive, ha capito che doveva
necessariamente imparare il linguaggio delle immagini
a partire dalle idee da comunicare. Passione e determinazione
gli hanno consentito di elaborare una cifra espressiva
del tutto personale e di maturare una propria visione della
fotografia, senza mai sconfinare nell’imitazione degli esempi
dei maestri. Un continuo percorso di crescita che Mayer
ha affinato ascoltando musica e prendendo ispirazione dalla
bellezza universale e senza tempo della città di Firenze.
Occuparsi di arti visive e tutto ciò che esprime poesia, bellezza,
emozioni, gli ha permesso di accrescere la sua sensibilità
sul mondo. Ha iniziato a scattare all’età di 18 anni
collaborando con altri fotografi e realizzando immagini di
vario genere compresi i matrimoni dove, a suo parere, è racchiuso
il concentrato di quello che andava cercando, dando
poi una svolta al suo racconto tutt’altro che banale e scontato
ed imponendo il suo modo di raccontare e il proprio
sentimento. L’esperienza acquisita come fotoamatore lo ha
spinto ad intraprendere la strada del professionismo spaziando
in vari ambiti fotografici, dallo still life alla fotografia
industriale e d’arte. Aperto a sempre nuove sfide, esprime
quello che ha dentro attraverso scatti pensati e profondamente
“sentiti”. La tecnica fa parte del suo mestiere: per
lui, il passaggio dalla pellicola al digitale non ha rappresentato
una limitazione, perché ciò che conta – ne è fermamente
convinto – non è lo strumento, ma aver ben chiaro
in testa, prima di scattare, cosa si intende esprimere attraverso
l’immagine. L’importante, quindi, non è la quantità ma
la qualità degli scatti realizzati. In passato, da amatore, ha
partecipato a vari concorsi di fotografia proseguendo con
mostre personali in luoghi prestigiosi e ricevendo importanti
riconoscimenti. La sua scelta, tuttavia, è stata quella di
vivere di fotografia, riuscendo negli anni a conquistare la fiducia
di una clientela variegata, grazie alla serietà, all’abilità
e all’impegno che da sempre mette nel suo lavoro. Tra i
diversi generi fotografici predilige quello del ritratto perché
gli permette di stabilire un’empatia profonda con il soggetto,
di “rubargli” l’anima, attribuendo così un senso sempre
nuovo all’arte fotografica. La luce è fondamentale nei suoi
scatti per conferire intensità e valore poetico alle immagini.
Il suo occhio attento e sensibile filtra la realtà e ne offre
un’interpretazione, con la curiosità, la sete di conoscenza e
l’umiltà di chi, pur avendo tagliato traguardi importanti, sente
di essere sempre in cammino.
Per chi volesse conoscerlo:
www.photomayer.it
phomayer1994@gmail.it
Photo Mayer e Alessandro Mayer
Alessandro Mayer
10 ALESSANDRO MAYER
A cura di
Nicola Crisci e Maria Grazia Dainelli
Spunti di critica
fotografica
Sabine Weiss
L’ultima grande protagonista della fotografia umanista francese
di Nicola Crisci / foto Sabine Weiss
Nata a Saint-Gingolph in Svizzera
il 23 luglio 1924, Sabine
Weiss iniziò a fotografare nel
1932 e, qualche anno dopo, nel 1946
si trasferì a Parigi avvicinandosi allo
stimolante ambiente culturale della
capitale francese. Conobbe il pittore
americano Hugh Weiss che sposò il 23
settembre 1950 e nello stesso periodo
aprì il suo studio fotografico cimentandosi
in vari generi. Appassionata di
musica, ha ritratto grandi nomi come
Stravinsky e Casals, ma anche protagonisti
della letteratura e dell’arte come
Fitzgerald, Giacometti, Rauschenberg,
Dubuffet, Sagan, del cinema come Jeanne
Moreau e della moda come Chanel.
Fondamentale per raggiungere il
successo fu lavorare per giornali e riviste
celebri nel mondo come The New
York Times, Vogue, Paris Match, Life, Time e Newsweek. La
sua attenzione si spostò sulla fotografia documentaria e
viaggiò non solo negli Stati Uniti ma anche in Egitto, India,
Marocco e Myanmar. A partire dal 1950, iniziò a collaborare
con la principale agenzia di stampa francese che gestiva
il lavoro di Robert Doisneau, il quale divenne suo estimatore.
Da quel momento, e fino agli anni 2000, continuò a lavorare
per la stampa illustrata internazionale, oltre che per
Moderno villaggio di pescatori (Portogallo, 1958)
numerose istituzioni e marchi prestigiosi, realizzando reportage,
servizi di moda, pubblicità, ritratti di celebrità. Parallelamente
all’attività professionale, si dedicò alla fotografia di
strada, immortalando in particolare i bambini, sempre con
un approccio rispettoso dei temi più delicati e con attenzione
al racconto dei contesti di vita più popolari come caffè e
pub. Nonostante i suoi successi e la pubblicazione di circa
40 libri, Sabine Weiss rimane ancora oggi una fotografa poco
conosciuta dal grande pubblico.
Ancora attiva a più di 90 anni,
ha accettato nel 2017, di presentare
e donare al Musée de l’Elysée
di Losanna i suoi archivi personali
con ben 200.000 negativi, 7.000
provini a contatto, 2.700 stampe
d’epoca, 3.500 stampe e 2.000
diapositive. Di se stessa ama dire:
«Fotografo per preservare l’effimero,
fissare il caso, conservare
in un’immagine ciò che scomparirà:
gesti, atteggiamenti, oggetti
che sono testimonianze del nostro
passaggio».
FOTOGRAFIA PASSIONE PROFESSIONE IN NETWORK
www.universofoto.it
Via Ponte all'Asse 2/4 - 50019 Sesto F.no (Fi) - tel 0553454164
Una vetrina (Parigi, 1955) Pennsylvania Station (New York, 1962)
SABINE WEISS
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Dal teatro al
sipario
A cura di
Doretta Boretti
Paolo Hendel
Un campione della comicità made in Tuscany
di Doretta Boretti / foto courtesy Paolo Hendel
Proseguendo il nostro viaggio nel “Gran Ducato
della comicità”, incontriamo un attore fiorentino
che, con la sua straordinaria vena artistica,
ha donato a tutti noi emozioni a non finire. Comico,
cabarettista, attore e commediografo, ha calcato i
palcoscenici di tutta Italia e ha varcato i confini delle
nostre abitazioni. La sua comicità, prodotta da una
acuta intelligenza, ci rende sempre più orgogliosi di
essere toscani. Quest’artista è Paolo Hendel.
Lei è un perspicace osservatore della realtà politica
e sociale del nostro tempo. Con questo strumento
è riuscito a creare la sua comicità. È difficile, vero,
fare ridere?
La prima volta che mi sono deciso a salire su di un
palcoscenico con la strana idea di far ridere il prossimo
l’ho fatto, senza ancora esserne capace più di
tanto, perché mosso da un bisogno che direi fisiologico.
Il bisogno di ridere delle cose della vita che
non ti piacciono e di farlo con un pubblico con cui potersi
sentire in sintonia. Ogni volta è come respirare
una boccata d’aria buona, esorcizzando le cose brutte
della vita.
Paolo Hendel
Ph. Rudy Falomi
12
PAOLO HENDEL
Quando ha iniziato a recitare, alcuni anni or sono, aveva
immaginato la straordinaria carriera che l’attendeva e i
grandi successi conseguiti?
La carriera va e viene, con alti e bassi. Alcune cose funzionano
e altre no. È necessario capire di volta in volta cosa
si sta facendo ed essere capaci di correggere il tiro salvando
le cose che funzionano e buttando le altre. Di solito
per arrivare a fare una cosa buona se ne devono fare molte
non buone… L’importante è rendersene conto.
I biscotti “all’asfalto”, le merendine alla “stricnina”, tutta
la storia di CarCarlo Pravettoni... Ma come le sono venute
in mente queste idee?
Non avrei mai immaginato che sarei riuscito a dar vita ad
un personaggio come CarCarlo Pravettoni. È nato a Mai Dire
Gol grazie alla Gialappa’s Band e per me quella è stata
una straordinaria scuola di comicità.
Ha girato film, calcato numerosi palcoscenici di affermati
teatri e ha varcato i confini delle nostre case con la
sua intensa attività televisiva. Quale di queste esperienze
è stata più piacevole?
Il monologo in teatro per me è sempre il primo passo. È la
cosa che controllo meglio, che parte da me e che posso
correggere e migliorare sera dopo sera. Di solito non sono
Ph. A. Botticelli
Nel ruolo di CarCarlo Pravettoni (ph. A. Botticelli)
PAOLO HENDEL
13
mai completamente soddisfatto del risultato e quindi seguito
sempre a correggere e a cambiare qualcosa.
Con Marco Vicari e la geriatra Maria Chiara Cavallini ha
scritto La giovinezza è sopravvalutata. Il manifesto per
una vecchiaia felice (Rizzoli 2018). Questo libro, che poi
è diventato anche uno spettacolo teatrale, ha preceduto
di poco la pandemia. Ce ne può parlare?
Proprio questo giugno ho ripreso a girare con La giovinezza
è sopravvalutata in spazi con il necessario distanziamento
sociale, pubblico con mascherina, ecc.. Questo
monologo è per me l’occasione di fare i conti con gli anni
che passano e ridere di me stesso e delle nostre paure
legate all’età, alla giovinezza che se ne va in un soffio
e alla terza età che a grandi passi si avvicina. Da Giacomo
Leopardi a Mario Draghi passando per Matteo Salvini.
Sì, qua e là ogni tanto fa capolino l’attualità politica. È più
forte di me…
In questo momento di grandi “incertezze” abbiamo bisogno,
ancora di più, del suo talento artistico. Per questa
fine estate e per i mesi a venire qual è il suo obiettivo?
Riprendere finalmente in modo continuativo la stagione
teatrale interrotta dalla pandemia, sperando che sempre
più persone capiscano l’importanza di vaccinarsi contro
questo maledetto virus che ci ha messo in ginocchio.
14 PAOLO HENDEL
Eventi in
Toscana
Castiglioni Film Festival
Anche la settima edizione è stata un successo: protagonisti il cinema di
qualità e alcuni brillanti interpreti e registi insigniti del premio alla carriera
di Serena Gelli / foto courtesy ufficio stampa Castiglioni Film Festival
Dal 15 al 18 luglio 2021 a Castiglion Fiorentino si
è svolta la settima edizione del Castiglioni Film
Festival, la cui direzione artistica è stata affidata
a Romeo Conte, già direttore della manifestazione SA.
FI.TER in Puglia e del Prato Film Festival. L’evento è stato
condotto dal comico Piero Toricelli, che a questo proposito
ha dichiarato: «Il Castiglioni Film Festival ha avuto un’organizzazione
perfetta, i cortometraggi sono stati di ottima
qualità, ci sono stati ospiti importanti e molto pubblico,
ovviamente sempre rispettando i protocolli Covid. Durante
questi giorni il borgo toscano si è animato di persone
che hanno non solo visto il Festival ma hanno anche passeggiato
per le vie cittadine, a testimonianza del fatto che
con i piccoli gesti si creano grandi cose come il Castiglioni
Film Festival. Un sentito ringraziamento va al sindaco di
Castiglion Fiorentino Mario Agnelli, all’assessore alla Cultura
Massimiliano Lachi e a tutta l’amministrazione comunale
per questa splendida opportunità». I cortometraggi
sono stati suddivisi in tre sezioni a tema libero: Commedia,
Dramma e Experimental. I vincitori, provenienti da
ogni parte d’Italia, sono stati premiati con pezzi unici realizzati
a mano da artisti locali. Il Festival è stato anche una
vetrina importante per farsi notare da esperti del settore
e addetti ai lavori. Durante la serata sono stati consegnati
i premi alla carriera a Enrico Vanzina, Maurizio Mattioli,
Milena Vukotic, Neri Parenti e al regista Alessandro Pondi
per il suo ultimo film attualmente al cinema School of
Mafia con Nino Frassica, Monica Vallerini e Paola Minaccioni,
quest’ultime entrambe presenti al Castiglioni Film
Festival. Altri premi sono stati consegnati per il film e la
serie Boris agli attori Alessandro Tiberi e Alberto Di Stasio
e per il libro Boris – un libro alla c…o di cane agli autori
Gianluca Cherubini e Marco Ercole. Premio alla carriera
Il regista Enrico Vanzina, premio alla carriera assegnatogli nell'ambito del Festival,
con il comico conduttore della manifestazione Piero Torricelli
anche alla nota stilista Regina Schrecker, allo scenografo
Lorenzo Baraldi e alla costumista Gianna Gissi che hanno
allestito con i loro bozzetti la mostra I mestieri del Cinema
- un lungo viaggio nel cinema italiano, nel sottotetto del
Teatro “Mario Spina” di Castiglion Fiorentino. Le interviste
ai personaggi più noti sono state a cura del giornalista e
critico cinematografico Paolo Calcagno. Patrocinato dalla
Regione Toscana, il Festival è stato realizzato anche grazie
al contributo di molte importanti aziende del territorio.
Il pubblico del Castiglioni Film Festival
Il regista Neri Parenti con il premio alla carriera del Castiglioni Film Festival
CASTIGLIONI FILM FESTIVAL
15
Ritratti
d’artista
Carmelo Fabio D’Antoni
L’opera del maestro siciliano dedicata a Federico II di Svevia entra a far
parte della collezione del Museo Diocesano San Riccardo di Andria
di Mariagrazia Carmela Minio
Lo scorso 23 luglio, il pittore e fondatore del Movimento
Artistico Stilnovista Carmelo Fabio D’Antoni,
è entrato ufficialmente a far parte del percorso
storico del Museo Diocesano San Riccardo di Andria con
l’opera intitolata Federico II di Svevia – Stupor Mundi. Per
questa occasione D’Antoni ha realizzato su tela di iuta
con tecniche settecentesche un’immagine di un Federico
II nel pieno del suo splendore, raffigurandolo con un’armatura
come difensore di quell’arte e di quella cultura da
lui tanto amate. L’opera si trova esposta in permanenza
all’interno del percorso museale dedicato alle opere contemporanee.
Il direttore del museo don Giannicola Agresti
Carmelo Fabio D'Antoni, Federico II di Svevia - Stupor Mundi
ha dichiarato: «L’opera di D’Antoni va ad arricchire la collezione
del Museo Diocesano di Andria. L’autore, con il ritratto
di Federico II di Svevia, evidenzia la sua sensibilità
artistica nel rappresentare le sembianze dell’imperatore,
tramite una rilettura attuale del personaggio storico». Il
museo, intitolato a San Riccardo, vescovo e patrono della
città di Andria, sorge nel cuore del centro storico, a breve
distanza dalla cattedrale in cui sono venerate le sacre reliquie.
Il ricco patrimonio di opere della diocesi di Andria,
raccolte dal vescovo Giuseppe Lanave, trova spazio negli
ambienti ampi e luminosi del museo, istituito da quest’ultimo
il 20 maggio 1972. Per iniziativa del vescovo Raffaele
Calabro, un accurato intervento di
restauro ha riqualificato l’edificio – già
residenza della nobile famiglia Margiotta
e successivamente sede della
comunità dei Braccianti – in una moderna
struttura museale articolata su
tre livelli. Sotto l’episcopato del monsignor
Luigi Mansi, il 23 aprile 2019, in
occasione del 581° anniversario del ritrovamento
delle reliquie del santo patrono,
il museo è stato inaugurato. Il
percorso espositivo conduce il visitatore
nella storia della città e della sua
diocesi, attraverso un consistente patrimonio
di opere – dipinti, sculture lapidee
e lignee, argenti, paramenti sacri
ed altri oggetti – che contribuiscono
a definire la storia dell’arte in Puglia
dal Medioevo al Novecento. Le sezioni
tematiche dal Duecento al Quattrocento
accolgono alcune importanti opere
della cultura artistica regionale. L’icona
duecentesca, nota con il nome di
Madonna d’Andria, attesta la centralità
della città nella circolazione di fenomeni
legati al culto e alla cultura nel
Mediterraneo. Il busto marmoreo raffigurante
Francesco II Del Balzo, duca
di Andria e signore di un rinascimento
meridionale di grande vitalità, dibattuto
tra gli scultori Francesco Laurana
e Domenico Gagini, e i raffinati scomparti
del polittico dipinto da Antonio
Vivarini, segno di una relazione tra Puglia
e Venezia sul finire del Quattro-
16
CARMELO FABIO D’ANTONI
cento, sono tra i pezzi più preziosi della collezione. Nella
sezione che va dal Cinquecento all’Ottocento, dipinti di
grande formato e sculture lignee, talvolta conservate per
frammenti, costituiscono il nucleo principale della raccolta.
Si tratta di una preziosa testimonianza di arte e fede
degli ordini religiosi e delle confraternite, sulla scia di
una rinnovata sensibilità suggerita dalla Controriforma,
e del ruolo crescente della moderna borghesia cittadina
nella committenza di opere sacre. Conferiscono lustro alla
sezione la malinconica Maddalena di Cesare Fracanzano
e il Volto Santo di sensibilità fiamminga. Gli oggetti
nella terza sezione attestano la committenza dei vescovi
della diocesi tra Ottocento e Novecento per conferire
solennità alle celebrazioni liturgiche. Tra paramenti sacri,
preziosi piviali pontificali, argenti e reliquiari, brilla la
preziosa stauroteca che accoglie uno dei frammenti della
Vera Croce. Un evidente filo conduttore tra la Sicilia e
la Puglia, due terre legate dall’amore del grande imperatore
Federico II di Svevia - Stupor Mundi. L’uomo che con la
cultura, e non con le armi, ha saputo conquistare il mondo
e unire i popoli.
Museo Diocesano San Riccardo
Via Domenico de Anellis 46, Andria (BT)
www.museodiocesanoandria.it
museodiocesano@diocesiandria.org
Carmelo Fabio D’Antoni
La Sicilia, terra della cultura e delle dominazioni, del
sangue e del fuoco, della passione e della sofferenza,
ha ospitato da sempre talenti eccezionali. Carmelo
Fabio D’Antoni matura la sua vena artistica nel prezioso contesto
della sua terra, nutrendosi di secoli di storia e di cultura qui
presenti. Poliedrico per definizione, cresce nelle botteghe dei
più grandi maestri contemporanei, sperimentando tecniche e
stili che lo hanno portato a trovare il suo percorso nella sublimazione
della figura femminile. Nel 2017 si accosta al sommo
poeta Dante Alighieri, creando opere ispirate alla Divina Commedia.
L’artista si avvicina così al pensiero letterario “stilnovista”
e decide di riprenderne la filosofia fondando una corrente
pittorica. La sua personale crescita, travagliata e sofferta, lo
ha portato a conquistare, malgrado la sua giovane età, i massimi
livelli. La storia lo ricorderà sempre come l’uomo sceso
all’inferno passando per i 4 elementi, fino a giungere alla massima
levatura di “pittore del Dolce Stil Novo”. Sua questa frase:
«La massima espressione dell’arte è la forza della donna».
L’artista ha colto il valore spirituale della forza del vero amore,
la donna, sublimandolo nelle sue tele. Uomo sensibile e rispettoso,
da sempre contraddistinto da uno spirito elevato, D’Antoni
sa cogliere il bello nelle intense ed accese espressioni degli
occhi seducenti e ammalianti ma mai volgari dei suoi soggetti,
che trasforma in donne mitologiche e storiche. Dalla Grecia
alla Scandinavia, passando per l’Europa e l’Inghilterra, l’artista
trasforma le sue modelle, alcune volte uscite dalla sua fervida
immaginazione, in immortali guerriere, vive e sacre, eteree
guardiane del suo tratto sempre preciso e disciplinato. Negli
anni la carriera del maestro si è evoluta in una costante e continua
crescita nel mondo artistico internazionale, esponendo in
vari musei, fondazioni e gallerie a Roma, Firenze, Torino, Messina,
Bonn, Baden - Baden, Colonia, Berlino, Chicago, Los Angeles,
Miami, Vienna, Bruxelles, Praga, Sofia, Spoleto, Perugia,
Andria, Foggia, Catania, Siracusa e Palermo.
www.maestrodantoniarte.com
CARMELO FABIO D’ANTONI
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Curiosità storiche
fiorentine
A cura di
Luciano e Ricciardo Artusi
Boboli
Il giardino dei fiorentini
di Luciano e Ricciardo Artusi
Piazza dei Pitti evoca la forma di un anfiteatro.
Questo caratteristico e vasto spazio
cinquecentesco, chiuso su tre lati, è
dominato sulla sua dolce sommità dal grandioso
Palazzo Pitti, fatto costruire da questa famiglia che, grazie alla
mercatura, raggiunse una posizione di tale ricchezza da poter
competere con quelle dei Medici e degli Strozzi. Il palazzo,
che si erge di fronte alla piazza in discesa, fu edificato nel 1440
dall’ambizioso Luca Pitti che diede l’incarico della progettazione
a Filippo Brunelleschi. Tanta era l’alterigia dell’intraprendente e
ricco mercante di superare lo sfarzo dei Medici e degli Strozzi,
che volle la sua costruzione di dimensioni tali da non riscontrarne
eguali in tutta la città. Dopo una lunga fase di progettazione,
i lavori iniziarono nel 1458 (quando il Brunelleschi era già morto
da due anni), sotto la direzione di Luca Fancelli, suo giovane allievo.
Il palazzo, adagiato sulle pendici del colle di Boboli in posizione
dominante, si sviluppò con accentuata orizzontalità su tre
piani, in pietra forte a bozze di caldo e possente bugnato rustico
nella parte inferiore e liscio in quella superiore, ostentando tutta
la sua grandiosità. Infatti, si diceva che, secondo le disposizioni
impartite da Luca Pitti al Brunelleschi, le dimensioni del palazzo
dovessero essere tali da poter contenere all’interno del suo cortile
il Palazzo Strozzi e le grandi arcate delle finestre dovessero
avere l’estensione del portone di Palazzo Medici. Le spese di costruzione
furono naturalmente ingentissime e la famiglia Pitti le
sopportò fintanto la buona sorte le arrise. Alla metà del Cinquecento,
Buonaccorso Pitti fu però costretto a vendere il gioiello di
famiglia nientemeno che a Cosimo I de’ Medici, che l’acquistò
per la consorte Eleonora di Toledo, dando subito l’incarico a Bartolomeo
Ammannati di eseguire lavori di ampliamento (1560-
1577). Nell’occasione Cosimo fece togliere tutti gli stemmi dei
Pitti che per tanti anni erano stati suoi avversari; l’unico che ancora
rimane sulla piazza è quello situato sul palazzo di fronte,
all’angolo con lo Sdrucciolo de’ Pitti. Alle spalle di Palazzo Pitti
si apre lo scenografico Giardino di Boboli, che si estende su una
vastissima area verde. Definito “una reggia all’aria aperta”, è universalmente
considerato il tipico esempio di giardino all’italiana.
Ricco di piante di vario genere, adornato da fontane, grotte,
scalinate e prati digradanti, fu ideato e realizzato da Cosimo I de’
Luciano Artusi, a sinistra, con il figlio Ricciardo
Uno scorcio del giardino di Boboli
Medici con l’aiuto di Niccolò Pericoli detto il Tribolo, poi continuato
dall’Ammannati, dal Buontalenti ed, infine, da Alfonso Parigi
nel 1665. Il sontuoso giardino, ricco di pomari, piante di alto
fusto, boschetti, statue, terrazze, viali, vialetti e sentieri, fu l’eden
esclusivo dei granduchi Medicei e Lorenesi e, ai primi dell’Ottocento,
anche di Napoleone Bonaparte, durante il suo breve governo
italiano. Con il nuovo Stato unitario, nel 1861 Palazzo Pitti
con il suo giardino passò tra i beni della Corona d’Italia, divenendo
la reggia dei Savoia che l’abitarono dal 1865 al 1870 durante
il quinquennio di Firenze capitale. Il re, appassionato cacciatore,
si dilettava nella tesa del “roccolo” per catturare gli uccelli proprio
nel giardino della reggia. Questo tipo di caccia consisteva
nell’appostamento fisso fra i rami di una grande quercia, da dove
si calavano reti verticali disposte a semicerchio, nascoste sotto
il folto pergolato di fronde, nelle quali s’impigliavano gli uccelli.
Il giardino di Boboli era il territorio di caccia preferito dal sovrano
che, ritornando dalla tesa del roccolo, era uso gustarsi non degli
uccelli arrosto, ma una bella bistecca ai ferri. In certe serate invernali
amava cacciare col “frugnolo” e la balestra, caccia proibita
(naturalmente, come sempre, non per chi fa le leggi), che in
circa un’ora poteva consentire la presa anche di 60 o 70 fra tordi
ed altri uccelli, uccisi mentre se ne stavano quieti a dormire
nelle folte chiome degli alberi. Questo modo di cacciare consisteva
nell’andare silenziosamente a buio fondo nel parco, col fido
capo giardiniere Vincislao Mercatelli, il quale, molto pratico,
si muoveva fra le piante puntando il frugnolo, cioè la lanterna
a riverbero che mandava un vivo sprazzo di luce in avanti evidenziando
le prede, senza far vedere chi la portava, così che il
cacciatore, non visto, tirava a colpo sicuro con la silenziosa balestra.
Sembra il caso di citare il vecchio adagio: «Biasimare i Principi
è pericolo, e il lodarli è bugia!». Il giardino è stato per anni
la meta preferita dei fiorentini, sostituiti pian piano dagli stranieri.
Anche il Calcio in Costume ha giocato nell’Anfiteatro di Boboli
la prima partita di maggio dagli anni Trenta fino all’inizio della
seconda guerra mondiale e, successivamente, pure negli anni
Cinquanta e Ottanta anche nel
Prato delle Colonne. Attualmente
il Giardino di Boboli accoglie
ogni anno oltre 800.000 visitatori
per la maggior parte turisti, ma
da quest’anno i cittadini del giglio,
usciti dall’incubo del Coronavirus,
sicuramente se ne riapproprieranno,
facendone meta preziosa di
dolce e rilassato soggiorno.
18
BOBOLI
Arte e
antiquariato
Chiavacci Antichità
Dal 1939 un’eccellenza del territorio fiorentino
di Fabrizio Borghini
La Galleria Chiavacci Antichità è nata nel 1939 da una
piccola realtà e ha lavorato per più di mezzo secolo
portando nel mondo le parole eleganza, bellezza e
serietà. Il titolare Marcello Chiavacci, storica figura dell’antiquariato
fiorentino, ha operato in Europa ed oltreoceano con
tanti interlocutori e, in questi ultimi anni, anche con alcuni
paesi asiatici. La galleria si trova in via della Spada, in un locale
anticamente sede di un convento, e al suo interno è possibile
ammirare oggetti, mobili e arredi di diverse epoche e
gusti, tutti restaurati e ben conservati. «Gli ultimi anni sono
stati molto difficili – afferma Marcello Chiavacci –, il mercato,
a causa dei cambiamenti culturali e di pochi investimenti
nella cultura dell’arte, ha subito un arresto, e la pandemia
ha fermato anche quel mercato straniero che invece stava diventando
linfa vitale per il nostro settore. Se consideriamo
che l’Italia è uno dei paesi che più di ogni altro è simbolo d’arte
nel mondo, vedere così poco incentivati l’investimento e
la valorizzazione della cultura che essa rappresenta, dispiace
davvero tanto». Ciononostante, la Chiavacci Antichità non
si è mai arresa e ancora oggi rimane sul mercato un punto di
riferimento ed un volano di energia importante. Nei prossimi
mesi, la galleria ha in programma una promozione su tutti
gli oggetti in vendita nei propri negozi. «Ottobre sarà il mese
dell’antiquariato, per questo vogliamo risvegliare l’interesse
verso questo tipo di arredamento che arricchisce ogni tipologia
di ambiente: un oggetto antico ha il sapore della dedizione
che ci ha messo chi l’ha creato, permane nel tempo e
rende unica la casa». È così che Marcello Chiavacci immagina
il prossimo futuro, con la passione che da sempre lo
accompagna nel suo lavoro. I prezzi saranno veramente favorevoli:
una parte dell’azienda sarà ridotta e ci saranno occasioni
di acquisto molto interessanti. Marcello e sua figlia
Silvia vi aspettano nei locali della storica Galleria Chiavacci
Antichità nel prossimo autunno.
Galleria Chiavacci Antichità
via della Spada, 56/58/60 rosso, 50121 Firenze
www.chiavacci-antiques.it
In questa e nelle altre foto alcuni scorci della galleria
CHIAVACCI ANTICHITÀ
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Percorsi d’arte
in Toscana
A cura di
Ugo Barlozzetti
Il Museo civico archeologico e della
Collegiata di Casole d’Elsa
di Ugo Barlozzetti
In una delle aree più evocative della Toscana, custode di
paesaggi e testimonianze delle civiltà che vi si sono avvicendate,
Casole d’Elsa offre l’opportunità di avvicinarsi
a capire la bellezza e l’unicità preziosa, quanto fragile, della
nostra terra. In Piazza della Libertà dal 1996 è collocato il
Museo Archeologico della Collegiata, nei locali, appunto, della
canonica di Santa Maria Assunta, ed è organizzato in due sezioni:
la prima, in tre sale, racconta la storia e il popolamento
del territorio in età etrusca dalle fasi più antiche, a partire dai
corredi delle tombe a pozzetto orientalizzanti. Notevoli sono
anche i reperti della collezione Bargagli, tra questi una testa
marmorea del VI secolo a.C. e due crateri attici che attestano
la vitalità economica e culturale di quest’area in età arcaica,
confermata inoltre da due splendidi affibbiagli bronzei decorati
con una delle più antiche immagini di pugilato del mondo
etrusco. Una grande quantità di corredi funebri documenta lo
sviluppo di questo centro anche nella fase ellenistica. Le opere
presenti nella sezione successiva, dedicata alle opere d’arte
medievale e moderna, evidenziano il patrimonio artistico di
Casole d’Elsa dagli inizi del Trecento fino alla metà del Seicento:
tra le più significative di primo Trecento vi è la testa di profeta
di Marco Romano, quella del vescovo Tommaso d’Andrea
di Gano di Fazio e la Madonna col Bambino del duccesco Maestro
della Maestà Cini; spicca anche la Madonna col Bambino
L'esterno del Museo archeologico e della Collegiata di Casole d'Elsa
Testa femminile, ultimo decennio del VI secolo a.C.; una delle più antiche sculture
in marmo di produzione etrusca
del secondo decennio. Sono inoltre presenti una Maestà del
pittore, anch’esso di scuola duccesca, il Maestro di Monterotondo,
attivo alla metà del XIV secolo, un prezioso graduale e
kyriale del 1344, con splendide iniziali di Lippo Vanni. Vi è un
gruppo di opere del XV secolo tra le quali un trittico con la Madonna
col Bambino, San Giuliano e San Donato Vescovo attribuita
al Primo Maestro di Lecceto, una Madonna con Bambino
e due angeli di Domenico di Michelino (Firenze 1417-1491) conosciuto
soprattutto per aver dipinto nel 1465 la Divina Commedia
Illumina Firenze in Santa Maria del Fiore. Sono esposte
una tavola della metà del XVI secolo con la Visitazione della
Madonna a Santa Elisabetta di Marco Bigio, i Misteri del Rosario,
in 15 quadretti, di Alessandro Casolari (1552-1607), interessante
maestro “autoctono” che con una vasta bottega fu
attivo insieme ai familiari con importanti committenze anche
a Roma: di lui è esposta una Madonna con Bambino. Il museo
raccoglie, in grandi vetrine, paramenti sacri, candelieri, carteglorie,
reliquiari e numerosi estensori dal XVIII al XIX secolo.
Completano la collezione le opere di Augusto Bastianini
(1875-1940), un protagonista della pittura fiorentina attivo fino
al primo Novecento e artista che ci permette di ricordare
come fra il dicembre 1896 e il marzo 1897 la Festa dell’Arte
dei fiori fece di Firenze il centro del mondo dell’arte italiana
ed europea del tempo, precedendo, in questo, la Biennale di
Venezia. Essenziale per il percorso museale sono, nella Collegiata,
i monumenti sepolcrali
di Messer Porrina e del
vescovo Tommaso d’Andrea,
rispettivamente di Marco
Romano e di Gano di Fazio, e
le tre tele di Rutilio Manetti.
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MUSEO CIVICO ARCHEOLOGICO
A cura di
Viktoria Charkina
Incontri con
l’arte
Diego Romanacci racconta ECOArtsNFT
Un progetto orientato all'impegno sociale e alla sensibilità green
di Viktoria Charkina
Come hai deciso di dedicare la tua vita all’arte?
Sono arrivato all’arte tramite un periodo buio della
mia vita. La mia spensierata gioventù si è interrotta quando,
durante una lite, ho rischiato di essere ucciso. Da lì
ho passato quattro mesi fra il supporto della mia famiglia
e quello dello psicologo, ma è stata l’arte poi a salvarmi,
permettendomi di sfogarmi e di liberarmi dalla mia
sofferenza interiore. Prima mi sono rivolto al disegno su
carta en plein air, riprendendo gli oggetti quotidiani della
nostra vita. Mi sono subito appassionato alla performance
art, eseguendo spesso dei volantini dal vivo davanti alle
persone. Ad oggi mi piace spaziare cimentandomi nella
pittura, nella scultura e nell’arte digitale, essendo ormai
convinto che l’arte sia una strada di ritorno all’infanzia, a
quando guardavo i cartoni animati. Ora creo i miei film e i
miei fumetti che trasporto su tela.
A cosa stai lavorando adesso?
po di avere un impatto sulla società e sul tema dell’ecologia.
Vogliamo creare una “scuola” per gli artisti che hanno
competenza nel mondo digitale, puntando però a creare
una community fisica. La nostra idea è di legare gli NFT
anche a delle opere fisiche. Stiamo appunto lanciando
online il nostro sito www.prelaunchecoartsnft.com di raccolta
fondi per supportare lo sviluppo del progetto e raggiungere
gli scopi che ci siamo prefissati. Grazie a questo
“sito pilota” venderemo e pubblicizzeremo sotto forma di
NFT il nostro brand Leak’s World, brand che raffigura un
“supereroe degli artisti” che ha lo scopo di promuovere i
nostri ideali e diffonderli in modo divertente ed ovviamente
creativo.
Non tratterete solo opere digitali perché secondo te
gli NFT non conquisteranno un valore artistico pari alle
opere fisiche? Cosa significa per te creare un NFT ecologico?
Dall’unione della mia visione artistica e quella economica
di Francesco, in questo momento il mondo degli NFT
è troppo inflazionato, essendo legato all’andamento delle
criptovalute ed è per questo che la nostra soluzione
punta a dare un valore reale ad un’opera digitale legandola
ad esempio ad un dipinto o ad un oggetto fisico. Sarebbe
bello vedere nelle nostre case sia i quadri che delle
cornici digitali appesi al muro. Per ciò che riguarda l’arte
digitale, sul piano dell’ecologia è ancora in fase di sviluppo.
Al contrario di ciò che molti pensano, in realtà questa
tecnologia è da oltre dieci anni che viene utilizzata e
sono stati fatti notevoli passi avanti per essere sempre
meno impattante. Nel nostro
piccolo, punteremo sul piantare
degli alberi per contrastare
il problema della CO2.
Per rendere veramente ecologico
questo progetto, una
parte dei profitti del nostro
lavoro verranno destinati a
tutte le iniziative che cercano
di migliorare ed innovare
la realtà che ci circonda.
È da tanto che mi confronto con l’arte digitale e vengo
attirato da progetti in Blockchain che cercano di essere
“green”. Ispirato da tali iniziative, ho dato vita ad ECO Arts
NFT, un progetto dedicato all’ecologia e all’economia
circolare che punta a criticare tramite ogni forma d’arte
i problemi che ci circondano. Questo progetto è il frutto
del lavoro di oltre un anno partito da un’idea del mio socio
e amico Francesco D’Agliano con il quale lo abbiamo
sviluppato fianco a fianco. Tutto nasce dalla nostra volontà
di unire i giovani disposti ad utilizzare le loro doti
creative per dare vita ad idee e progetti che hanno lo scowww.florenceartgallery.com
Diego Romanacci in versione NFT
Francesco d'Agliano in versione NFT
DIEGO ROMANACCI
21
Riparte a ottobre il biennio formativo di MITA Academy per giovani che vogliono intraprendere
una carriera nel mondo della moda. Gli Istituti Tecnici Superiori si confermano
un’isola felice per l’avviamento degli under 30 alle professioni nel settore fashion,
perché li preparano a far bene un mestiere e sono un link alle richieste delle aziende
di Elisabetta Mereu
Un outfit può cambiare totalmente grazie agli accessori diversi.
Presso il Castello dell’Acciaiolo a Scandicci, il corso
COOL farà acquisire a 25 giovani, già con spiccata capacità
artigianale, le nuove tecniche per realizzare oggetti iconici
in pelle o in metallo dallo stile davvero fashion.
I giovani tecnici che usciranno dal corso GIFT con sede
a Capannori avranno una forte preparazione pratica nelle
tecniche produttive delle calzature di moda, connotata
dall’introduzione dei dettami di industria 4.0, da elementi di
innovazione digitale nonché da abilità relative all’economia
circolare, alla sostenibilità e all’innovazione green.
Gli imprenditori del tessile dell’area pratese cercano figure
professionali che garantiscano azioni di sviluppo della qualità
e dell’innovazione tecnica intrinseca al prodotto tessile.
STAR-T è il corso che a Prato formerà i futuri professionisti
del settore in grado di coniugare la volontà di investire in
qualità con la necessità di promuovere il territorio e le manifatture
di eccellenza per affrontare le prossime sfide.
Il corso DIMA permette una collocazione della figura professionale
anche nelle divisioni prodotto, qualità e commerciale/marketing.
Con questo progetto si sostiene la crescente
esigenza di figure tecniche calate nel ciclo produttivo, aventi
non solo competenze di modellerìa e prototipìa ma anche
di supporti digitali evoluti.
Si svolgerà a Grosseto il corso PRIMO che ha la finalità
di preparare professionalità con competenze di carattere
pre-manageriale di modellista/prototipista esperte di materiali
innovativi, sostenibili e tecnologici, diventando così
intermediari tra l’idea dello stilista e la realizzazione sartoriale
di prodotti di abbigliamento moda, in particolare confezioni
di alta sartoria uomo/donna.
#Biennio 2021/23 #4 semestri #2000 h. di stage www.mitacademy.it Info: 055/9335306 - info@mitacademy.it
A cura di
Francesco Bandini
Quando tutto
ebbe inizio…
Il frutto del peccato
era proprio la mela?
di Francesco Bandini
Dopo tantissimi anni, forse a causa delle abbondanti
piogge che sempre più frequenti si rovesciano sulla
terra, quest’anno su due rigogliose piante di melograno
che ornano il giardino retrostante la mia casa, sono fioriti alcuni
bellissimi frutti e il loro maturare mi ha suggerito una riflessione
sui miei studi biblici. La Genesi non parla affatto di mele ma
si limita a descrivere dei frutti “dell’albero della conoscenza del
bene e del male” senza specificarne la natura. Gli esegeti ebraici
li identificarono di volta in volta con i fichi, per analogia con le
foglie dell’albero usate da Adamo ed Eva per coprire le loro nudità,
e con la melagrana, frutto succulento del melograno i cui
fiori scarlatti caratterizzano i frutteti palestinesi ed è considerata
il simbolo della fecondità per la molteplicità dei suoi semi. Le
guance della fidanzata del Cantico dei Cantici sono paragonate a
una melagrana. Altri possibili frutti del giardino in Eden sono uva
e carrube, per un gioco di parole ebraiche che indicano “carrube e
distruzione”, oppure ancora con il frumento, per un altro gioco di
parole in ebraico, frumento (kitah) e peccato (khet). La mela, come
frutto proibito, comparve solo in era cristiana, forse perché in
Adamo ed Eva e l'albero della conoscenza, miniatura dal Commentario dell'Apocalisse
(Madrid, 1109), Monastero San Lorenzo dell'Escorial
La tentazione del serpente (Michelangelo, Cappella Sistina); l’albero della conoscenza
del bene e del male, così come dipinto dal Buonarroti, è un fico, i cui frutti
e le cui foglie, che copriranno la nudità, saranno causa della colpa.
latino “malum” indica sia la mela che il male. Questo errore viene
attribuito da alcuni a San Girolamo cui si deve la prima traduzione
della Bibbia dal greco e dall’ebraico al latino, la cosiddetta Vulgata
o Volgata, nome abituale della versione latina della Bibbia in
uso nel Medioevo e dichiarata dal Concilio di Trento del 1546 autentica
nel senso di ufficiale. Di fatto, il suo testo risulta da una
contaminazione tra l’opera di Girolamo e i manoscritti della Vetus
Latina. Oltre al cosiddetto errore (mela-malum), non è da escludere
comunque che in questo equivoco abbia giocato anche un
ruolo di “pomo della discordia” che tale frutto ebbe nella mitologia
greca poi passata ai Romani. Comunque sia, a partire dal XII
secolo la mela comparve nella maggior parte dell’iconografia cristiana
in Germania e Francia, mentre in quella italiana e bizantina
si privilegiò il fico. Questa differente visione si perpetuò anche in
seguito; nel Rinascimento abbiamo il famoso quadro del tedesco
Lucas Cranach il Vecchio, oggi agli Uffizi, del 1528 mentre Michelangelo
ambientò nella volta della Cappella Sistina (1508-1512)
la scena sotto un albero di fichi mostrando Eva che riceveva i suoi
frutti da un serpente antropomorfo. Alla fine, nella Cristianità la
mela ha prevalso ma in altre religioni no. Nella tradizione islamica,
per esempio, l’episodio viene descritto identificando il frutto
proibito con fichi oppure con olive. Anche il fico, infatti, è un albero
comune in tutta la Palestina come la vite e l’olivo. Lo si pianta
sulle terrazze più basse avendo bisogno di umidità o anche in
mezzo alla vigna. L’espressione “starsene seduto sotto un fico”
è nata proprio per indicare un senso di tranquillità e di pace. I fichi
precoci offrono ai profeti molteplici spunti: Israele doveva essere
altrettanto buono al palato del suo Signore. Anche Gesù ne
ha tratto alcune espressioni. Egli scorge
Natanaele, figlio di Tolomeo (l’apostolo
Bartolomeo) “sotto il fico” come un frutto
eccellente mentre la sua maledizione
è un gesto simbolico contro il tempio,
ormai luogo di peccato. «Non era la stagione
dei fichi» commenta l’evangelista,
Casa della cornice
se ne potevano sperare alcuni frutti precoci,
che invece non c’erano (Lc
www.casadellacornice.com
13,6-9).
IL FRUTTO DEL PECCATO
23
Dimensione
salute
A cura di
Stefano Grifoni
Grattarsi la testa per affrontare lo stress
di Stefano Grifoni
Ogni tanto ci vuole una grattatina di testa. Arriva
spontanea non a causa della forfora ma quando
siamo un po’ confusi oppure quando abbiamo dei
dubbi. Forse dipende anche dal fatto che quando siamo
sotto stress il nostro cervello ha bisogno di entrare in contatto
con il nostro corpo. Questo può avvenire anche sfregandosi
con le mani la fronte o grattandosi la testa gesti
che servono a calmarci. Quindi grattarsi la testa rappresenta
un efficace sistema di difesa psicologica. I macachi
difronte ad estranei minacciosi si grattano al fine di evitare
di essere attaccati. Infatti un aggressore non attacca
mai un individuo stressato ritenendolo imprevedibile e
l’assalto potrebbe rivelarsi troppo rischioso o al contrario
non necessario. La testa in genere c’è chi la abbassa e chi
la perde, meglio sarebbe saperla usare. È impressionante
vedere a quanta gente la propria testa serva unicamente
quale supporto per i capelli e quando si grattano fa rumore
solo per il vuoto che c’è dentro.
Stefano Grifoni è direttore del reparto di Medicina e Chirurgia di Urgenza del pronto soccorso
dell’Ospedale di Careggi e direttore del Centro di riferimento regionale toscano per la diagnosi
e la terapia d’urgenza della malattia tromboembolica venosa. Membro del consiglio nazionale
della Società Italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza, è vicepresidente dell’associazione
per il soccorso di bambini con malattie oncologiche cerebrali Tutti per Guglielmo e membro tecnico
dell’associazione Amici del Pronto Soccorso con sede a Firenze.
24
AFFRONTARE LO STRESS
A cura di
Emanuela Muriana
Psicologia
oggi
Insistere nel puntualizzare
Il primo passo per una comunicazione fallimentare nella coppia
di Emanuela Muriana / foto Carlo Midollini
Se avessi avuto prima un cane,
non mi sarei sposata!». Una
laconica frase? No, è il frutto «di un processo di comunicazione fallimentare
nella coppia. Da quando l’uomo
scrive, racconta di coppia, estasi e dolori,
di condanne e tradimenti, di morte
data e di morte subita… L’arte, che sia
pittura, scultura, musica, danza, poesia,
teatro o cinema, ne è la testimonianza.
Per realizzare una relazione connotata
da attriti, incomprensioni e litigi è necessaria
l’insistenza, anche se basata
sulle migliori intenzioni. Il primo ingrediente
fondamentale per una comunicazione
catastrofica è il “puntualizzare”,
espressione tipica di strategia di mediazione
all’interno dei rapporti paritari. Ha
la funzione di prevenire o risolvere un
conflitto con il partner, ottenendo spesso
il risultato contrario. È l’intenzione
che porta a puntualizzare per evitare incomprensioni
che, partendo da questa
giusta premessa, trasforma il partner in
magnifico rompiscatole. Risultato: azzeramento
del desiderio e fuga dal conflitto,
ovvero relazione inappagante. Come
spesso succede, cose buone producono
effetti cattivi semplicemente a causa del sovradosaggio,
proprio come un farmaco somministrato in dosi eccessive
si trasforma in veleno. Puntualizzare è un atto razionale che
applicato alla vita affettiva – sensazioni, emozioni e sentimenti
– raffredda e impoverisce i legami. Come diceva Oscar
Wilde: «C’è sempre qualcosa di fatale nelle buone intenzioni».
Gli ingredienti per una sicura comunicazione fallimentare
non finiscono però qui, continueremo a descriverli nei prossimi
articoli. In periodo di pandemia, le coppie zoppicanti o
colleriche, senza la possibilità di prendere aria dal legame
d’amore, si sono ritrovate non solo rinchiuse in casa con il
partner, a volte amato altre volte odiato, ma faccia a faccia
con quello che negli anni hanno ignorato o tacitato (la famosa
polvere sotto il tappeto). Intervenire sulla comunicazione
di coppia è un modo per salvare la coppia o arrivare in salute
alla separazione.
Letture di approfondimento:
G. Nardone, Correggimi se sbaglio / Strategie per appianare
i conflitti nelle relazioni di coppia, Ponte alle Grazie (2005)
E. Muriana, T. Verbitz, Psicopatologia della vita amorosa,
Ponte alle Grazie (2010)
M. Bartoletti, M. Pagliai, Ritratti di coppia con terapeuta,
Youcanprint (2021)
Emanuela Muriana è responsabile dello Studio di Psicoterapia Breve
Strategica di Firenze, dove svolge attività clinica e di consulenza.
È stata professore alla Facoltà di Medicina e Chirurgia presso
le Università di Siena (2007-2012) e Firenze (2004-2015). Ha pubblicato
tre libri e numerosi articoli consultabili sul sito www.terapiastrategica.fi.it.
È docente alla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Breve Strategica.
Studio di Terapia Breve Strategica
Viale Mazzini 16, Firenze
+ 39 055 242642 - 574344
emanuela.muriana@virgilio.it
COMUNICAZIONE FALLIMENTARE
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Riccardo Salusti
Domare le fiamme, donare i cuori, acrilico su tela, cm 50x70
Salvare vite, essere simboli ed eroi per tutti, specialmente per i più piccoli, intervenire
su cose, persone e animali, domare le fiamme ma soprattutto donare i cuori:
questo è il Vigile del Fuoco.
Quest’opera è stata premiata, come sesta classificata, in occasione del concorso
artistico nazionale di pittura dei Vigili del Fuoco promosso dal Ministero dell'Interno
nell’Aula Magna delle Scuole Centrali Antincendi di Roma. L’autore, Riccardo Salusti,
è stato premiato dal viceprefetto Patrizia Congiusta e il quadro sarà in esposizione
permanente a Roma presso la Direzione Centrale della Formazione di Capannelle.
riccardosalustiart.com
riccardo.salusti67@libero.it
370 3686293
riccardo salusti
riccardosalusti
A cura di
Silvia Ciani
I consigli del
nutrizionista
Curare sovrappeso e obesità con
un approccio multidisciplinare
di Silvia Ciani
Il sovrappeso e l’obesità sono indici di sofferenza corporea,
risultato di stili di vita errati, predisposizione genetica, contesti
ambientali e comportamentali alterati, disagi emotivi,
problemi psicologici, alterazioni metaboliche ed endocrinologiche,
malattie, uso di farmaci… È evidente come la molteplicità
dei fattori coinvolti possa contribuire al perpetuarsi di tale condizione,
che il tempo porta ad aggravare sempre di più: concentrarsi
su un unico fattore, il peso, o un unico intervento, la dieta,
può non essere risolutivo, anzi spesso può rivelarsi controproducente
poiché, non affrontando il problema alla base, si possono
innescare meccanismi comportamentali e metabolici di
compensazione con la conseguenza di peggiorare il quadro clinico.
Diventa allora essenziale affrontare il sovrappeso e l’obesità
tenendo conto di tutti quegli aspetti che ne hanno causato l’insorgenza
ed il mantenimento, cercando di migliorarli, modificarli,
curarli. È attraverso l’interdisciplinarità, ovvero il confronto e l’interazione
continua fra varie figure di specialisti in diversi ambiti
ed il dialogo con il paziente, che il trattamento terapeutico può
evolversi nel modo migliore.
circonferenze, analisi della composizione corporea), quelli legati
al comportamento alimentare (con consegna ed istruzioni per
la compilazione del diario alimentare) ed indicazioni sull’attività
fisica. Infine, la compilazione in sede di alcuni questionari che
la psicologa esaminerà, sarà di aiuto per comprendere meglio la
presenza/assenza di alcuni aspetti legati al rapporto con se stessi,
con gli altri e con il cibo. L’approccio multidisciplinare consente:
un risparmio economico per il paziente poiché con un’unica
prima visita evita l’invio successivo agli altri professionisti per
avere una valutazione completa negli ambiti di competenza; un
risparmio di tempo poiché gli specialisti sono già alla prima visita
in grado di ipotizzare un percorso terapeutico migliore per il
raggiungimento degli obiettivi; una maggiore aderenza al trattamento
e una miglior prognosi grazie alla varietà dei percorsi interdisciplinari
offerti, oltre ai consueti controlli nutrizionali, quali
il percorso integrato psicologo-nutrizionista, l’attività fisica monitorata
con e senza personal trainer, la psicoterapia comportamentale
individuale e di gruppo, le visite di controllo mediche e,
qualora fosse necessario, un monitoraggio clinico diagnostico.
La visita con il team dello studio artEnutrizione
Grazie all’esperienza maturata negli anni, mia e dei colleghi, sia
per formazione che per pratica clinica e grazie alle condizioni che
lo studio artEnutrizione di Firenze consente, abbiamo formalizzato
un intervento strutturato che prevede, durante la prima visita,
una valutazione e una presa in carico del paziente sovrappeso/
obeso da tre figure specialistiche simultaneamente: il medico,
il nutrizionista e lo psicologo. La visita con l’endocrinologo permetterà
di inquadrare clinicamente il paziente ed eventualmente
di procedere ad ulteriori accertamenti clinico/diagnostici. La
valutazione eseguita dal nutrizionista consentirà di completare
il quadro anamnestico con i dati antropometrici (peso, altezza,
Biologa Nutrizionista e specialista in
Scienza dell’alimentazione, si occupa
di prevenzione e cura del sovrappeso
e dell’obesità in adulti e bambini attraverso
l’educazione al corretto comportamento alimentare,
la Dieta Mediterranea, l’attuazione di
percorsi terapeutici in team con psicologo, endocrinologo
e personal trainer.
Studi e contatti:
artEnutrizione - Via Leopoldo Pellas
14 d - Firenze / + 39 339 7183595
Blue Clinic - Via Guglielmo Giusiani 4 -
Bagno a Ripoli (FI) / + 39 055 6510678
Istituto Medico Toscano - Via Eugenio
Barsanti 24 - Prato / + 39 0574 548911
www.nutrizionistafirenze.com
silvia_ciani@hotmail.com
SOVRAPPESO E OBESITÀ
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Ritratti
d’artista
Un ricordo di Vinicio Berti nel
centenario della nascita
Testo e foto di Andrea Cafaggi
Su Vinicio Berti, come corifeo di una
corrente pittorica di concezione
eterodossa rispetto a quella dominante
nella sua epoca, e sulla dimensione
sociale della sua produzione artistica
sono stati scritti molti libri e testi documentatissimi.
Resta da dire qualcosa a
proposito degli alterni sentimenti che suscitano
i suoi dipinti in chi li osserva senza
preconcetti. Ma qui occorre una serie
di considerazioni preliminari. Nel secondo
dopoguerra, caduti quasi tutti i dogmi
e i canoni estetici sostenuti dai defunti regimi
nei primi decenni del Novecento, si
respirava aria nuova in Italia, soprattutto
in campo artistico. Questa libertà di ricerca
e di espressione trovava voce ed immagine
in Vinicio Berti come in altri suoi
sodali d’arte e compagni di strada. È vero
che spesso queste ispirazioni venivano
ricercate ed elaborate dagli artisti a partire
da istanze ideologiche e suggestioni
politiche provenienti dai paesi del cosiddetto
Socialismo reale, ma è altrettanto
vero che da noi queste istanze assumevano
tendenze radicali e libertarie che quei
paesi non conoscevano ancora o che erano
già state soffocate dalla “fraterna assistenza”
militare dell’Unione Sovietica.
Ad ogni modo quello postbellico era nel
nostro Paese il periodo della Ricostruzione,
nel quale pareva che il boom economico
potesse durare indefinitamente e
portare benessere e sicurezza sociale a
sempre più larghi strati di popolazione. Tipica espressione di
quegli anni fu il boom dell’edilizia pubblica e privata: è il caso
di ricordare le grandi opere infrastrutturali come il traforo
del Monte Bianco e l’Autostrada del Sole, cui si accompagnò
il rilancio delle industrie manifatturiere nazionali. Le lotte politiche
e sindacali di quegli anni conobbero eccessi spesso
violenti e in definitiva risultati di effetti opposti rispetto all’intento
iniziale di rappresentanza e partecipazione dei lavoratori
al processo di produzione della ricchezza. Talvolta questi
eccessi degenerarono in azioni di sabotaggio e in molti altri
casi sfociarono in azioni terroristiche contro i quadri dirigenti
delle aziende visti come servi del capitale e nemici degli
operai. Questa lunga introduzione serve per capire meglio la
temperie politica e culturale di quegli anni, e l’iconografia che
in essa trovava il proprio riferimento, dai dazebao ai murales:
Per tutto il 2021 il ristorante Cafaggi di via Guelfa a Firenze espone in vetrina un’opera di Vinicio Berti gentilmente
offerta da Firenze Art Gallery per ricordare la sua frequentazione del locale nel centenario della nascita
queste tensioni, inevitabilmente, condizionarono anche la produzione
degli artisti più sensibili alle istanze di rinnovamento
ed eguaglianza sociale. Vinicio Berti fu sicuramente un comunista
sincero ed impegnato. Nascondeva dietro modi burberi,
spesso bruschi, una continua tensione emotiva verso il suo
ideale politico. Sempre anticonvenzionale in tutto, non aveva
peli sulla lingua neppure con gli amici e i conoscenti. Detestava
le ipocrisie e i perbenismi, e perciò non usava le perifrasi e
gli eufemismi che per lui rappresentavano i segni distintivi degli
intellettuali borghesi. Una volta un comune amico gli rimproverò
di fare sempre lo scorbutico, e lui, sorridendo con gli
occhi miopi dietro la pesante montatura degli occhiali, rispose
pacato: «Scorbutico, ma sincero!». Ma oltre alla tensione
politica qualcos’altro lo pungolava e lo agitava internamente:
la consapevolezza dei mutamenti in fieri nella società e l’in-
28
VINICIO BERTI
terrogativo su quale figura di Uomo Nuovo sarebbe stato necessario
per affrontare e gestire tale evoluzione sociale. Nei
titoli di molte sue opere traspare questa “altra” tensione; per
fare qualche esempio leggiamone alcuni: Indagine per l’avvenire,
Avventuroso astrale, Svolta nel tempo, non oggi, Progetto
antagonista, Situazione multipla antagonista, Verso l’ipotesi
AH-5, Racconto ricerca per l’oggetto nuovo AH-AH2, All'interno
del nuovo oggetto antagonista positivo, e così molti altri. Quasi
certamente lo spunto per le sue immagini pittoriche più ricorrenti
ed ossessive, Vinicio Berti lo trovò nel forte rilancio
edilizio che in quegli anni rappresentò la vera icona della Ricostruzione
postbellica. Grandi condomini sorgevano in pochi
mesi dove prima c’erano campi e case coloniche, torri di
cemento armato crescevano a vista d’occhio fra i filari di gelsi
al ritmo di un piano al giorno, fasciate di ponteggi tubolari
e fiancheggiate da gru che svettavano come fantasmi scheletrici
nella nebbia umida di un Nord ancora segnato dalle cicatrici
della guerra. Vinicio Berti si pose l’interrogativo di come
questo potesse condizionare la vita e le speranze dell’Uomo
Nuovo. Nelle sue immagini pittoriche fatte di linee dure co-
Vinicio Berti, Costruzione multipla per l'avvenire AH (1986), acrilico su tela, cm 100x70
Vinicio Berti, Racconto antagonista positivo AH (1979), idropittura su tela, cm 50x40
me nude putrelle d’acciaio, di violente contrapposizioni cromatiche,
di cesure nere e geometriche, si indovinano edifici
babelici in costruzione, enormi falansteri irti
di spuntoni sul tipo della Baliverna del racconto
di Buzzati, anonimi e spersonalizzanti
palazzi ad uffici sede di poteri occulti e ostili
all’uomo. E poi, in un suo quadro del 1974, appunto
il primo fra quelli che ho citato poc’anzi,
mi sembra di intravedere la sagoma di un
computer, l’altro polo del vertiginoso sviluppo
che avrebbe presto rivoluzionato e ricondizionato
le vite di noi tutti. Le sigle criptiche, i numeri
e i segni misteriosi che popolano quasi
tutte le tele di Berti, avevano trovato finalmente
la propria fonte primaria e il proprio scopo
ultimo: la programmazione della futura società
cibernetica. Nel 1978 Francesco Guccini
avrebbe descritto nella sua canzone Mondo
nuovo questa stessa intuizione sociologica
tanto affascinante quanto angosciante. Anche
Guccini ha immaginato questo Uomo
Nuovo, frutto di selezione naturale e culturale
non meno che tecnologica ed informatica,
e si è domandato come sarà e come vivrà. Ma
forse Berti, con solitaria fuga in avanti rispetto
alla sua stessa matrice ideologica, vedeva
già al di là di questo e profetizzava con timore
una società basata sulla manipolazione delle
informazioni e sulla assoluta plasmabilità
dell’Uomo sociale, degradato a fenomeno di
mercato o ad ingranaggio dei sistemi di produzione.
Ormai questa eventuale consapevolezza
è avvolta per sempre in un mistero che
l’uomo Vinicio Berti ha portato con sé in una
dimensione per noi inattingibile. A noi resta lo
stupore, venato di un’angoscia sottile, nell’ammirare
questi paesaggi astratti che risvegliano
sopiti ricordi di certi sogni inquietanti che
si fanno talvolta subito prima dell’alba.
VINICIO BERTI
29
Isabella Rombolà
isabella@tavellaantonio.191.it
I libri del
mese
La sottile differenza
Il quarto avvincente romanzo di
Federico Fabbri
di Elisabetta Mereu
Riprendere in mano la propria vita per fargli posto
non è semplice come svuotare un armadio per il
cambio di stagione!». Una frase significativa del-
«la storia contenuta nel quarto libro di Federico Fabbri La sottile
differenza, pubblicato poche settimana fa dalla casa editrice
LuoghInteriori. Utilizzando un pretesto artistico – il famoso e discusso
dipinto di Gustave Courbet del 1866, L’origine del mondo
– lo scrittore fiorentino delinea le dinamiche familiari di quattro
personaggi le cui vite, dall’equilibrio solo apparente, vengono totalmente
stravolte da un imprevisto che ne cambierà i destini.
A dimostrazione di come sia diventato lui un artista delle pennellate
lessicali, il pluripremiato ed apprezzato autore fin dalle
prime pagine propone una trama avvincente, in un’alternanza
di tinte oscure e luminose. C’è uno stile più ritmato rispetto ai
precedenti romanzi, quasi da copione teatrale pirandelliano, in
cui i pensieri e i dialoghi espressi dai protagonisti arrivano forti,
inaspettati, diretti come scudisciate e taglienti come un’opera
2° classificato per la Narrativa al Premio Letterario "Città di Castello" 2020
Lo scrittore fiorentino Federico Fabbri, 51 anni
dell’artista Lucio Fontana. La sottile differenza è un diario di bordo
esistenziale che attraversa gli anni e le generazioni di Amanda,
Rachele, Baby e Pietro, toccando temi importanti e delicati
per il genere umano, come quello del libero arbitrio sul destino
individuale, quando si prospetta un futuro che non accettiamo.
«Nessun appiglio è abbastanza sicuro per chi decide di lasciarsi
cadere» scrive Fabbri. Ma è soprattutto l’amore, nelle più svariate
declinazioni, il suo filo di Arianna per arrivare alla via d’uscita
in questa storia. Quel sentimento inspiegabile che non può transitare
obbligatoriamente dal DNA. Così come il suo opposto, l’odio,
può prescindere dai legami di sangue pur senza scatenare
alcun senso di colpa. E, al contrario dell’indifferenza che tutto
aliena ed annienta, saranno proprio l’amore e l’odio – espressioni
emozionali pulsanti di vitalità – a guidare i quattro nelle
proprie scelte. Per cercare la verità nelle relazioni interpersonali
l’autore va a scandagliare i sentimenti più intimi e reconditi
dell’animo umano, descrivendo il diverso modo – fra uomo
e donna – di intendere e manifestare la sessualità, la spiritualità,
la propensione alla genitorialità. Come un esperto giocatore
di poker, Fabbri è attento a centellinare le sue carte tenendo
il lettore incollato per oltre trecento pagine, con un timing narrativo
incalzante. Ma è anche deciso a sparigliarle all’improvviso,
andando a stanare i vecchi fantasmi dei suoi protagonisti e
a smuovere la polvere nascosta per anni sotto i tappeti, con una
serie di colpi di scena dal finale inaspettato. Un romanzo che
appassionerà specialmente le donne perché, ancora una volta,
rappresentano l’universo su cui ruotano i racconti dello scrittore
che, con una sensibilità davvero spiccata e inusuale, mostra
di apprezzarle ed amarle, esaltandone il coraggio e la capacità
di rinnovarsi continuamente, riemergendo da profondità anche
abissali.
@fabbrifedericoscrittore
@federico_fabbri_official @federico.fabbri70
Il libro è disponibile su: Amazon, LuoghInteriori Edizioni, IBS
FEDERICO FABBRI
31
La tutela
dell’ingegno
A cura di
Aldo Fittante
La brevettabilità nel settore farmaceutico
Il difficile equilibrio tra tutela della proprietà intellettuale e diritto
globale alla salute
di Aldo Fittante
Il 28 luglio 2021 è stato approvato definitivamente il decreto-legge
31 maggio 2021 n. 77 (c.d. decreto Semplificazioni),
e con esso è arrivato anche il via libera definitivo
all’introduzione nel nostro ordinamento della licenza obbligatoria
di brevetto in caso di emergenza sanitaria nazionale.
Mediante l’istituto della licenza obbligatoria, i possessori di
un brevetto, un copyright o altri diritti di esclusiva possono
essere obbligati, al ricorrere di motivi straordinari, a concederne
l’uso ad altri soggetti. L’articolo 56-quater del provvedimento
approvato prevede così una modifica al Codice della
Proprietà Industriale introducendo una nuova fattispecie di licenza
obbligatoria, che ricorre nel caso in cui vi sia uno stato
di emergenza sanitaria e “sussista l’esigenza di far fronte
a comprovate difficoltà nell’approvvigionamento di specifici
medicinali o dispositivi medici, ritenuti essenziali”. Il nuovo
articolo 70-bis del Codice della Proprietà Industriale, dunque,
consentirà al Governo di concedere licenze obbligatorie per
la produzione di medicinali e dispositivi medici ritenuti essenziali
per far fronte all’emergenza sanitaria. I relativi decreti
di concessione verranno emanati dal ministro della Salute,
di concerto con il ministro dello Sviluppo economico, e nel
caso di medicinali previo parere dell’Agenzia Italiana del Farmaco
in merito all’essenzialità e alla disponibilità del farmaco.
La novella legislativa risponde all’esigenza, avvertita in
tutto il mondo, di raggiungere un equilibrato bilanciamento
tra tutela della proprietà intellettuale e diritto globale alla salute
e all’accesso libero alle cure. Il fatto che un farmaco per
la terapia del Covid-19, un vaccino o uno strumento diagnostico
possano essere “scoperti” e realizzati in un ambito di
ricerca privata e da parte di una singola azienda, infatti, fa
sì che gli stessi possano essere fatti oggetto di domande di
brevetto e che, di conseguenza, sia riservato al titolare del
brevetto stesso lo sfruttamento dell’invenzione, la determinazione
delle modalità e dei tempi della produzione e della
distribuzione, le condizioni e i prezzi. Questo scenario, normalmente
legittimo, pone però seri problemi quando sorge
l’esigenza di garantire a tutti il diritto di accedere a determinati
farmaci, vaccini e cure, indipendentemente dal possesso
di diritti di privativa. Per queste eventualità il diritto della proprietà
intellettuale prevede e disciplina particolari istituti, che
consentono di derogare alla normativa generale in funzione
di una tutela dell’interesse collettivo. A livello internazionale
un esempio di ciò è storicamente rappresentato dall’Accordo
Trips (Agreement on Trade-related Aspects of Intellectual
Property Rights), che prevede alcune ipotesi di limitazione
dei diritti esclusivi conferiti dal brevetto per motivi di interesse
generale. In particolare, l’articolo 30 dell’Accordo autorizza
gli stati ad introdurre delle deroghe ai diritti esclusivi
(una di esse è stata introdotta con la dichiarazione di Doha
del 2001, finalizzata a combattere malattie come l’HIV e la
malaria e a garantire l’approvvigionamento dei medicinali nei
paesi in via di sviluppo), purché esse non siano in contrasto
con il normale sfruttamento del brevetto e non pregiudichino
in modo ingiustificato i legittimi interessi del titolare. Oggi,
mediante l’introduzione del nuovo articolo 70-bis del Codice
della Proprietà Industriale, anche il nostro paese mette in
pratica un meccanismo virtuoso di bilanciamento specificamente
studiato per far fronte all’attuale situazione di emergenza
sanitaria, consentendo allo Stato, tramite il sistema
delle licenze obbligatorie, di obbligare il titolare del brevetto
a concederne l’uso non esclusivo ad altri soggetti, nell’ottica
di garantire un accesso più semplice, più ampio e più democratico
ai farmaci e alle cure. La notizia è dunque da salutare
con sicuro favore, dimostrando la stessa l’attenzione del
paese sia alle esigenze superiori di tutela della salute, sia ai
recenti sviluppi scientifici che, in tempi auspicabilmente brevi,
porteranno alla produzione e alla messa a disposizione di
tutti di un farmaco per la cura del Covid-19.
32
SETTORE FARMACEUTICO
A cura di
Alessandra Cirri
L’avvocato
risponde
La disciplina legale delle convivenze
di Alessandra Cirri
Sullo scorso numero abbiamo affrontato
la tematica relativa alle unioni civili
introdotta dalla “Legge Cirinnà” n.
76/2016. Oggi ci occupiamo delle convivenze
disciplinate nella medesima legge. Dal comma
36 in poi la legge n. 76/2016 stabilisce che i
conviventi di fatto sono definiti come “due persone
maggiorenni unite stabilmente da legami
affettivi di coppia e di reciproca assistenza
morale e materiale, non vincolate da rapporti di
parentela, affinità o adozione, da matrimonio o
da un’unione civile”. Diversamente da ciò che
avviene per il matrimonio e per le unioni civili,
le convivenze non hanno come presupposto
una registrazione, bensì solo una dichiarazione
all’anagrafe (simile a quella di residenza) che
ha come finalità solo quella di provare l’esistenza della convivenza,
non di costituirla. È rivolta alle coppie eterosessuali o
omosessuali che non vogliono o possono contrarre matrimonio,
per dare un riconoscimento giuridico alla loro unione e
quindi per regolare anche le questioni patrimoniali. Nei commi
da 38 a 49 dell’art. 1 vengono definiti i diritti che spettano
a ciascun convivente: si prevede che il convivente sia assimilato
al coniuge per quanto riguarda la regolamentazione
dei colloqui nelle carceri, oppure per il diritto di visita, assistenza
e accesso alle informazioni personali in caso di ricovero
ospedaliero. Si prevede anche la facoltà di designare il
proprio partner come rappresentante per l’assunzione di decisioni
in materia di salute e per le scelte sulla donazione di
organi. Inoltre, sono previsti alcuni diritti relativi alla casa di
abitazione: in caso di morte del proprietario della casa di residenza
comune, il convivente può continuare ad abitarvi per
un periodo che va da 2 a 5 anni, così come è prevista la possibilità
di succedere nel contratto di locazione alla morte o recesso
del proprio partner che era conduttore. La convivenza
è titolo di preferenza per l’inserimento nelle graduatorie per
l’assegnazione di alloggi popolari. È stato poi introdotto un
nuovo art. 230-ter c.c. che disciplina i diritti del convivente
nell’impresa del partner. Sono previste anche alcune disposizioni
in materia di interdizione, inabilitazione e amministrazione
di sostegno. È stata stabilita per legge la possibilità
di riconoscere al convivente il risarcimento del danno patito
per la morte del partner, tutti principi già riconosciuti dalla
giurisprudenza. Il comma 65 prevede il diritto agli alimenti,
in caso di cessazione della convivenza, per quel partner che
si trovi in stato di bisogno, per un periodo proporzionale alla
durata della convivenza e nella misura determinata ai sensi
dell’art. 438, 2° co. c.c.. L’aspetto più innovativo della “Legge
Cirinnà” in materia di convivenza riguarda la possibilità per i
conviventi di poter disciplinare i reciproci rapporti patrimoniali
mediante un contratto avente forma di atto pubblico o di
scrittura privata autenticata da un notaio o da un avvocato.
Questo dovrà poi essere trasmesso all’anagrafe per la relativa
iscrizione. Il contratto di convivenza si pone dunque come
strumento per fissare una serie di obblighi reciproci, destinati
ad organizzare la vita in comune dei conviventi. Circa il suo
contenuto la legge stabilisce che esso può essere relativo alla
residenza, alle modalità di contribuzione della vita in comune
e al regime patrimoniale dei beni. Non possono essere
previste condizioni o termini a pena di nullità insanabile. Il
contratto di convivenza si risolve per accordo delle parti, per
recesso unilaterale, per matrimonio o unione civile tra i conviventi
o tra un convivente e altra persona, per morte di uno
dei conviventi. La risoluzione del contratto di convivenza per
accordo delle parti o per recesso unilaterale deve essere redatta
in forma scritta, a pena di nullità, con atto pubblico o
scrittura privata con sottoscrizione autenticata da un notaio
o da un avvocato che ne attestano la conformità alle norme
imperative e all’ordine pubblico. Qualora il contratto di convivenza
preveda il regime patrimoniale della comunione dei
beni, la sua risoluzione determina lo scioglimento della comunione
medesima.
Laureata nel 1979 in Giurisprudenza presso l’Università
di Firenze, Alessandra Cirri svolge la professione
di avvocato da trent’anni. È specializzata in diritto
di famiglia e minori, con competenze in diritto civile. Cassazionista
dal 2006.
Studio legale Alessandra Cirri
Via Masaccio, 19 / 50136 Firenze
+ 39 055 0164466
avvalecirri@gmail.com
alessandra.cirri@firenze.pecavvocati.it
CONVIVENZA
33
Con il Patrocinio di: Con il Patrocinio e il Contributo di: Con il Contributo di:
XXXVIII Premio Firenze
BANDO DI CONCORSO
Palazzo Vecchio
Salone dei Cinquecento
Sabato 11 dicembre 2021
I Sessione (Letteraria) ore 10,00
II Sessione (Arti Visive) ore 16,30
www.centrofirenzeuropa.it
ATTENZIONE
In relazione alla situazione ex Covid19 la Cerimonia di Premiazione del XXXVIII Premio Firenze di Letteratura e Arti Visive
si articolerà, al fine di permettere la possibilità di intervento in presenza, nel rispetto delle disposizioni di legge, dei
concorrenti Vincitori, Segnalati e Finalisti, in due sessioni: nella prima saranno consegnati i Premi e i Diplomi delle Sezioni
Letterarie, con lettura delle poesie premiate; nella seconda saranno assegnati i sunnominati riconoscimenti delle
Sezioni Arti Visive, con esposizione delle opere vincitrici nel corso della Cerimonia (ove dette disposizioni ne permettano
l’allestimento). In entrambe le sessioni i riconoscimenti saranno consegnati direttamente dall’Ufficio di Presidenza.
Con riserva di revisione e/o di aggiornamento delle modalità di svolgimento della Cerimonia in riferimento all’evoluzione
della situazione e delle collegate ulteriori disposizioni che, se del caso, saranno tempestivamente comunicate
con la loro pubblicazione sul sito del Centro Culturale.
XXXVIII Premio Firenze
L E T T E R A T U R A
NORME DI PARTECIPAZIONE
Il concorrente di ciascuna sezione dovrà far pervenire sette copie della propria opera, assieme ad un eventuale curriculum, al seguente indirizzo:
Centro Culturale Firenze-Europa “Mario Conti”
Piazza G. Giorgini, 8 - 50134 FIRENZE
Tel. 331 2702696 (Sez. Letterarie)
Unitamente all’invio delle opere dovrà essere versato, quale quota di partecipazione, l’importo di € 40,00 per una sezione di concorso. Ogni concorrente potrà
partecipare ad un numero massimo di 2 sezioni: in tal caso l’importo richiesto sarà di € 60,00. Il contributo richiesto dà diritto a diventare soci del Centro
Culturale per l’anno 2021.
Le opere inviate non verranno restituite. Per le sezioni A-C-D potranno partecipare al concorso solo le opere edite dal 2018 al 2021.
SEZIONI A CONCORSO
A) POESIA EDITA: volume di liriche
B) POESIA INEDITA: da 1 a 3 liriche a tema libero
C) SAGGISTICA (STORICA/LETTERARIA) EDITA: opera di saggistica
D) NARRATIVA/MEMORIALISTICA EDITA: opera di narrativa/memorialistica
E) RACCONTO INEDITO: massimo di 5 cartelle dattiloscritte (ad interlinea 2)
Tutte le opere dovranno essere in lingua italiana
PREMI
SEZIONI A-C-D
1° PREMIO- Fiorino d’oro e assegno di € 500,00
2° PREMIO- Fiorino d’argento e assegno di € 250,00
3° PREMIO- Medaglia di bronzo
SEZIONI B-E
1° PREMIO- Fiorino d’oro e assegno di € 250,00
2° PREMIO- Fiorino d’argento
3° PREMIO- Medaglia di bronzo
Ai Segnalati sarà conferito un Diploma d’onore. Ai Finalisti sarà conferito il Diploma di Finalista.
Tutti i premiati, i segnalati ed i finalisti saranno inseriti all’indirizzo: www.centrofirenzeuropa.it.
I Premi Speciali “Mario Conti” e “Vittorio Vettori” saranno assegnati dal Consiglio Direttivo.
I Fiorini d’oro premiati nei 5 anni antecedenti la XXXVIII edizione del Premio non potranno ottenere analogo riconoscimento nelle sezioni di riferimento. I
giudizi espressi dalla Giuria Letteraria presieduta da Enrico Nistri e composta da Marina Alberghini, Anna Maria Baldini, Federico Berlincioni, Marino Biondi,
Ruth Cardenas, Marco Cellai, Anna Maria Giglio (segretaria), Pier Paolo Guidi, Maurizio Maggini, Francesca Livia Mangani Camilli, Luca Ravazzi, Adalberto
Scarlino, Pierandrea Vanni, Valeria Vitti sono insindacabili e inappellabili.
Per ulteriori informazioni: Segreteria Sezioni Letterarie - Tel. 331. 2702696 Posta elettronica: gigliosegreterialettere@centrofirenzeuropa.it
Termine di consegna 23 OTTOBRE 2021
A R T I V I S I V E
NORME DI PARTECIPAZIONE
A tema libero, aperto ad artisti italiani e stranieri, è articolato nelle sezioni di:
P) PITTURA
S) SCULTURA
G) GRAFICA (tradizionale e digitale)
FV) FOTOGRAFIA (digitale ed analogica) e VIDEO
La partecipazione nelle 4 sezioni avviene attraverso l’immagine fotografica di un’opera.
Per i video, della durata massima di 2 minuti, si richiede un link su Youtube. Ogni artista può partecipare ad un numero massimo di due sezioni. La foto
dell’opera, in doppia copia, dovrà essere a colori, di ottima qualità, nel formato minimo di cm 13x18, e massimo di cm 20x30, con indicazione, sul retro, del
nome dell’Autore, delle misure, della tecnica e del verso dell’opera. Parimenti per la sezione FV dovrà essere inviata la foto o stampa a colori dell’opera digitale
o di un momento del video.
Tutte le foto delle opere a concorso saranno pubblicate nel catalogo del premio, stampato a colori, che verrà inviato ad ogni artista partecipante.
Il nominativo di tutti i concorrenti e la mostra virtuale saranno inseriti in Internet all’indirizzo: www.centrofirenzeuropa.it
Le foto dovranno essere inviate al seguente indirizzo:
Centro Culturale Firenze-Europa “Mario Conti”
Piazza G. Giorgini, 8 - 50134 FIRENZE
Tel. 3408972273 (Sez. Arti Visive)
La partecipazione al concorso prevede un contributo spese di € 90,00 (€ 100,00 per residenti all’estero) e un supplemento di € 70,00 per la seconda sezione.
La quota di adesione dà diritto a diventare soci del Centro Culturale per l’anno 2021.
Le foto inviate e il materiale allegato non verranno restituiti.
Gli originali delle opere presentate a concorso dovranno avere i seguenti requisiti:
Pittura, Grafica e Fotografia - dimensione massima con cornice metri 1,20 x 1,20.
Scultura - dimensione massima altezza metri 1- peso massimo kg 20
Per ulteriori informazioni:
Segreteria Sezioni Arti Visive - Tel. 3408972273
Posta elettronica: segreteriaartivisive@centrofirenzeuropa.it
PREMIAZIONE
Le opere prime classificate nelle sezioni Pittura e Scultura saranno premiate con Fiorino d’oro e assegno di € 500,00. Alle opere prime classificate nelle
sezioni Grafica e Fotografia e Video saranno assegnati Fiorino d’oro e assegno di € 250,00. Le opere seconde e terze classificate nelle quattro sezioni saranno
rispettivamente premiate con Fiorino d’argento o Medaglia di bronzo. Tutte le opere sopra citate saranno esposte (qualora le disposizioni non dovessero
permetterne l’allestimento in Palazzo Vecchio nel giorno della Cerimonia), unitamente ad una selezione dei lavori a concorso, individuata dalla
Giuria di merito, nella Mostra Premio che si terrà a Firenze. Tutte le opere a concorso saranno inserite in Internet nella mostra virtuale della XXXVIII edizione
del “Premio Firenze”. L’organizzazione del Premio, pur assicurando la massima cura, declina ogni responsabilità nei confronti delle opere pervenute e/o
esposte. I Fiorini d’oro premiati nei 5 anni antecedenti la XXXVIII edizione del Premio non potranno ottenere analogo riconoscimento nelle sezioni di riferimento.
I giudizi espressi dalla Giuria Arti Visive presieduta da Riccardo Saldarelli e composta da Giusi Celeste, Roberta Fiorini (segretaria), Carlotta Fuhs,
Achille Michelizzi, Daniela Pronestì, Silvia Ranzi e Massimo Ruffilli sono insindacabili e inappellabili.
PREMIO FIRENZE GIOVANI PREMI SPECIALI 2021
Al fine di incentivare l’attività letteraria ed artistica dei giovani, è rinnovato
il PREMIO FIRENZE GIOVANI, riservato ai concorrenti under 30, che verrà
attribuito dalle rispettive Giurie per le sezioni dalle stesse individuate. I
giovani vincitori nei comparto letterario riceveranno riconoscimenti analoghi
a quelli dei Primi Premi nelle sezioni letterarie B-E. Ai vincitori nelle
sezioni arti visive saranno assegnati Fiorino d’oro, esposizione in Palazzo
Vecchio (ove consentita dalle disposizioni di merito) o nella Mostra
Premio sopra citata e una pagina web contenente un massimo di 10 opere
degli Autori.
Le quote di partecipazione riservate ai concorrenti under 30 nei comparti
letterario ed arti visive sono rispettivamente individuate in € 20,00 (€
30,00 per le doppie sezioni) ed in € 50,00 (€ 70,00 per le doppie sezioni).
DANTE E LA MOBILITÀ, PELLEGRINO ITINERANTE DELLA LIBERTÀ
DANTE, LO SPEDALE FIORENTINO DI SANTA MARIA NUOVA E LE GRAN-
DI PANDEMIE DELL’EUROPA MEDIEVALE E MODERNA
Nel 700° anniversario della morte di Dante Alighieri saranno assegnati tra
i concorrenti delle sezioni Letteraria e Arti Visive, a discrezione delle Giurie
di merito, 2 Premi Speciali - Fiorino d’oro ed esposizione in Palazzo Vecchio
(con le riserve di cui sopra) o nella Mostra Premio (ove espressione
del comparto Arti Visive) - a 2 opere collegate alle tematiche in oggetto. I
Premi saranno consegnati dai Presidenti dell’Automobile Club Firenze e
del Rotary Club Firenze Ovest.
Termine di consegna 23 OTTOBRE 2021
PREMIO FIRENZE – X X X V I I I E D I Z I O N E
SCHEDA DI ADESIONE – DA ALLEGARE, UNITAMENTE A
FOTOCOPIA DEL VERSAMENTO, ALLE OPERE IN CONCORSO
NOME_____________________________________________________
COGNOME_________________________________________________
DATA DI NASCITA__________________________________________
(obbligatoria solo per i concorrenti al Premio Firenze Giovani)
VIA_______________________________________ N. _____________
CAP_______ CITTÀ_________________________ PROV.__________
TEL.________________________ CELL. ________________________
EMAIL_____________________________________________________
SEZIONE LETTERARIA – Allego sette copie dell'opera concorrente per la sezione:
A Poesia Edita – B Poesia Inedita – C Saggistica Edita
D Narrativa Edita – E Racconto Inedito
SEZIONE ARTI VISIVE
P Pittura – S Scultura – G Grafica – FV Fotografia e Video
Pagamento intestato al: Centro Culturale Firenze-Europa "Mario Conti"
Piazza Giorgini 8 - 50134 Firenze
da effettuarsi esclusivamente tramite: conto corrente postale n 11567500
vaglia postale – assegno bancario non trasferibile – bonifico bancario su Banca Intesa SanPaolo IBAN
IT87N0306902887100000004018 – BIC BCITITMM (per adesioni dall’estero)
Ho inviato Euro__________________________________________________ il_______________________
La partecipazione alla XXXVIII edizione del “Premio Firenze” comporta l’accettazione completa ed automatica di tutte
le clausole contenute nel presente bando. Informativa e consenso ai sensi del Regolamento Privacy UE 2016/679
Il/La sottoscritto/a ___________________ nel trasmettere le proprie opere ed i propri dati acconsente al loro
trattamento da parte del Centro Culturale Firenze Europa “Mario Conti” ed all’utilizzo degli stessi per
invio di materiale informativo o promozionale. Il/La sottoscritto/a dichiara, inoltre, che all’atto del conferimento
dei dati ha visualizzato nel sito web www.centrofirenzeuropa.it l’informativa ai sensi dell’art.13
del Regolamento, ivi compresi i diritti che, in relazione al trattamento cui acconsente, gli derivano ai sensi
degli articoli dal 15 al 22 del Regolamento UE n. 2016/679. Il mancato consenso al trattamento comporta
l’impossibilità di partecipare all’iniziativa.
Data__________________ firma____________________________________
Firenze
mostre
Ali Banisadr
Il celebre artista iraniano per la prima volta a Firenze con
una mostra omaggio a Dante Alighieri
di Barbara Santoro
Fino al 29 agosto, nella Sala dei Gigli di Palazzo Vecchio
e al Museo Bardini in piazza de’ Mozzi a Firenze, sono
state esposte le tele oniriche e suggestive del famoso
artista iraniano Ali Banisadr per la prima volta in Italia. La mostra,
intitolata Beautiful Lies, ha inteso rendere omaggio a Dante
Alighieri con opere pensate e realizzate proprio per la Sala dei
Gigli a partire da un’attenta rilettura dei versi del sommo poeta.
Fin da bambino, mentre si trovava nei sotterranei di Teheran per
sfuggire alle violenze della rivoluzione, Ali Banisadr disegnava
ascoltando quello che succedeva fuori: rumori, scoppi improvvisi,
detonazioni, urli e lamenti erano diventati quasi un rito
necessario per sopravvivere. Nato a Teheran nel 1976, oggi l’artista
lavora a New York. A 12 anni ha lasciato il suo paese con
la famiglia, prima per la Turchia poi per gli Stati Uniti, dove vive
attualmente. Tra la Turchia e l’America si è fermato a San Diego
e a San Francisco, recependo quel mondo di violente coloriture
fino a farle proprie. Ha poi frequentato la School of Visual Art e
la New York Academy of Arts, due tappe importanti per completare
il proprio bagaglio formativo. Le sue tele si fondano sulla
combinazione fra intuizioni e percezioni, memorie vive e ricordi
del passato, che affascinano l’osservatore attraverso contrasti
luminosi in cui il tuono, il lampo ed altri eventi atmosferici si
mescolano con presenze e figure che appaiono e svaniscono
in una realtà apocalittica davvero suggestiva, un immaginario
di creature fantastiche tra schizzi di colore e richiami letterari
sui versi di Dante. Questo artista, per la prima volta a Firenze,
ha saputo fondere con grande abilità molte influenze pittoriche
del passato, dai grandi fiamminghi fino al modernismo americano,
in un continuo variegato panorama coloristico degno di
The Rise of the Blond (2016), olio su lino, courtesy Thaddaeus Ropac
un mago. Tommaso Sacchi, assessore alla Cultura del Comune
di Firenze, ha così commentato le opere in mostra: «La tragicità
delle guerre e dei conflitti, anche se dimenticati, si mescola
alla tragicità dell’esistenza dell’artista ed entrambe si congiungono
in uno stile di pittura originalissimo e fortemente evocativo,
monito del caos in cui siamo immersi e dal quale forse
non potremo emergere». Nel museo di piazza de’ Mozzi, accanto
alla collezione lasciata da Stefano Bardini alla città, il dialogo
delle opere con il contesto si fa più sentito e corale, e i suoi
demoni diventano bizzarri, mostruosi, appaiono e scompaiano
fra i marmi e le sculture, fra gli antichi cuoi e i tappeti persiani,
fra le pitture medioevali e le armature, lanciando quasi una sfida
all’osservatore confuso ma affascinato. Una mostra davvero
insolita abilmente curata dal direttore del Museo del Novecento
a Firenze Sergio Risaliti, il quale ha scelto di distribuire le opere
del maestro in luoghi diversi della città come un evento diffuso.
The gatekeepers (2009), olio su lino, courtesy Thaddaeus Ropac
Underworld (2021), olio su lino, courtesy Thaddaeus Ropac
ALI BANISADR
37
Occhio
critico
A cura di
Daniela Pronestì
Duilio Tacchi
Attraverso il colore, un nuovo dialogo con il visibile
di Daniela Pronestì
Dopo essersi lungamente
cimentato nella figurazione
“disegnata”
secondo gli insegnamenti appresi
dalla lezione annigoniana,
Duilio Tacchi affronta oggi una
nuova fase della sua produzione
in cui il dialogo con il visibile,
pur non essendosi di fatto interrotto,
pare concedere maggiore
spazio alle qualità espressive
del colore. Non si tratta di un
viraggio verso l’astrazione né
del bisogno di concentrarsi sugli
aspetti cromatici per affrancarsi
dal vincolo del disegno.
Quest’ultimo è stato, e continua
ad essere, il nucleo fondante
della sua pittura, con la sola differenza
che, nelle ultime opere,
soprattutto in quelle riconducibili
al genere della natura morta,
è il colore stesso a disegnare le forme, facendole emergere
da una densa amalgama di aria e di luce; una sorta di epifania
del reale che non viene rappresentato ma affiora dal cuore
dell’opera come immagini che ritornano dalla memoria. Su
queste superfici, il tempo sembra aver agito in parte coprendo
o cancellando alcuni particolari, in parte invece svelando
ciò che rimane nascosto sotto la “pelle” della pittura. Sono vi-
Al centro Duilio Tacchi con Marta Babbini e Patrizio Basetti in occasione dell'inaugurazione della mostra a Pietrasanta
sioni che parlano all’oggi con un linguaggio insieme classico
e moderno, carico di riferimenti che, come spesso accade in
Tacchi, traggono spunto dalla tradizione estremorientale nel
modo di equilibrare il rapporto tra pieno e vuoto, di diluire la
pennellate con effetti che ricordano la pittura ad inchiostro, di
privilegiare l’insieme rispetto al singolo dettaglio per restituire
la complessità di uno stato interiore. La stessa influenza stili-
38
DUILIO TACCHI
stica si avverte nelle opere che mostrano il volto serafico di un
Budda ritratto di profilo e avvolto tutt’intorno da rami e fiori cresciuti
sulla superficie dell’idolo antico corroso dall’azione dei
secoli. Come già in altre opere di Tacchi, anche in questo caso
torna il tema delle rovine, ovvero di ciò che resiste al fondo
della storia umana quando il tempo e la natura abbiano fatto il
proprio corso, lasciando al presente nient’altro che frammenti
di un’unità ormai perduta. Ricomponendo questi stessi frammenti,
l’artista immagina quale potrebbe
essere l’aspetto dell’umanità
futura, innestando sul corpo di strane
creature fiori e residui metallici, in un
ibrido che mette insieme natura e artificio,
organico e inorganico. È il presagio
di un avvenire che vedrà l’essere
umano fare i conti con i propri errori,
con gli abusi ai danni dell’ambiente,
trovando il modo di sopravvivere in
un pianeta popolato di rifiuti e dall’aria
ormai irrespirabile. Eppure, esiste
ancora una speranza, una via di fuga
possibile dalla quale ripartire per
far “rinascere” il mondo: è una figura
femminile nuda e addormentata nel
cuore del bosco, una grande madre
pronta a risvegliarsi per ridestare, insieme
a lei, la vita intorno, segnando
un nuovo inizio per il genere umano.
In queste opere, l’uso della foglia oro permane quale tratto distintivo
di un immaginario artistico che da sempre ha il tono
di un racconto leggendario, di un’epopea fuori dal tempo, nelle
cui atmosfere immergersi come in un sogno ad occhi aperti.
Dal 22 agosto al 4 settembre 2021, Duilio Tacchi ha esposto
in collettiva a Pietrasanta con la galleria Artistikamente
di Pistoia.
DUILIO TACCHI
39
Movimento
Life Beyond Tourism
Travel To Dialogue
Raccontare i territori trasformando
i viaggiatori in residenti temporanei
I nuovi strumenti di marketing territoriale di Life Beyond Tourism
Dopo la partecipazione all’evento
JazzInn 2021 a Pietrelcina
dello scorso luglio,
il Movimento Life Beyond Tourism
Travel to Dialogue continua a portare
in giro per l’Italia i suoi progetti di
valorizzazione dei territori attraverso
il coinvolgimento di coloro che
abitano i territori stessi. È proprio a
Pietrelcina che è stato presentato il
prodotto a servizio dei territori Luoghi
Parlanti ideato dal Movimento
LBT-TTD in collaborazione con il partner
tecnologico Europromo. Luoghi
Parlanti si svolge direttamente nel
territorio di riferimento ed è un vero
e proprio strumento di marketing
territoriale utile a tracciare, condividere
ed ampliare la comprensione
dei territori sia per i visitatori internazionali
che locali. Attraverso i tag
NFC è possibile guidare il visitatore
alla scoperta del territorio indicandi
Stefania Macrì
do percorsi, aziende, attrazioni, attività,
eventi e patrimonio sulle relative
pagine web. Una narrazione completamente
personalizzabile ispirata alla
valorizzazione del luogo a 360° gradi
che unisce il linguaggio tradizionale
della fotografia al contenuto web per
creare percorsi e suggerire connessioni
all’interno del territorio. Grazie
alla collaborazione con B&B Hotels
Italia, Golden Donor Life Beyond Tourism,
Luoghi Parlanti è in fase di
applicazione nelle seguenti città italiane:
Bolzano, Firenze, Napoli, Roma
e Verona. I visitatori di queste città
infatti troveranno un pannello fotografico
interattivo, con tag NFC, all’interno
delle hall degli hotels di B&B
Hotels Italia. Questo rappresenta il
primo passo per conoscere la città e
poterla visitare attraverso gli occhi e i
consigli dei locals vivendo delle esperienze
autentiche di viaggio.
40
MOVIMENTO LIFE BEYOND TOURISM TRAVEL TO DIALOGUE
Il progetto è la pratica applicazione
della metodologia LBT che si basa
sul viaggio dei valori, che supporta
i territori coinvolgendo i residenti:
istituzioni, aziende, artigiani, artisti
e abitanti. Luoghi Parlanti
trova una delle sue molteplici pratiche
applicazioni nell’ambito del
1° Festival Internazionale delle
Espressioni Culturali del mondo
“The World in Florence” e apre un
programma quinquennale di attività
internazionali per promuovere
la conoscenza dei vari luoghi del
mondo attraverso lo strumento
dello storytelling culturale. Il Festival
si svolgerà a Firenze nei giorni
25 e 26 novembre 2021 e consi-
sterà in una serie di attività legate tra loro che partono da una
mostra fotografica innovativa e interattiva, con contenuti tematici
legati al rilancio delle regioni e alla loro scoperta su
www.lifebeyondtourism.org tramite la tecnologia NFC per visitare
virtualmente il mondo attraverso gli occhi degli abitanti
e acquisire uno sguardo privilegiato sul patrimonio
materiale e immateriale internazionale. Inoltre nei due giorni
di evento sono previsti un convegno durante il quale i territori
sono invitati a raccontarsi e a raccontare le proprie espressioni
culturali, dei panel tematici su argomenti di attualità tenuti
da docenti e esperti internazionali che si occuperanno di
analizzare lo sviluppo urbano, il sistema del verde, le migrazioni,
la produzione di cibo, il patrimonio, la storia sociale.
Per maggiori informazioni ecco il link di riferimento: https://
www.lifebeyondtourism.org/it/events/festival-dei-territori/.
Per aziende, istituzioni, pubbliche amministrazioni e proloco
che vogliono partecipare al Festival producendo un proprio
storytelling culturale sono previsti dei pacchetti di partecipazione
disponibili contattando info@lifebeyondtourism.org.
L’accesso alla mostra sarà libero mentre per il convegno e i
panel tematici è prevista una registrazione, il tutto nel rispetto
delle disposizioni normative vigenti anti Covid-19.
L’artista del mese: Paola Imposimato
Paola Imposimato è una pittrice professionista di Firenze.
Laureata all’Accademia di Belle Arti, ha organizzato
diverse mostre personali, collettive e
permanenti, oltre che tantissime altre iniziative e collaborazioni
importanti in ambito italiano e internazionale come
i novantacinque striscioni (Palii) di famose rievocazioni
storiche, rappresentazioni artistiche per aziende di moda,
pubblicazioni editoriali e molto altro. Ha ricevuto numerosi
premi e riconoscimenti tra cui diversi Graphic Art Awards,
la medaglia di bronzo al Florence Award (2010) e il Premio
del Consiglio Regionale della Toscana. Per maggiori informazioni
sull’artista, sulle sue opere, i premi e i contatti vi invitiamo
visitare la sua pagina sul nostro sito: https://www.
lifebeyondtourism.org/it/ourartists/paola-imposimato/
Il Movimento Life Beyond Tourism Travel to Dialogue srl è una società
benefit. Nasce e si sviluppa seguendo i princìpi di Life Beyond Tourism®,
ideati dalla Fondazione Romualdo Del Bianco al fine di promuovere
e comunicare il patrimonio naturale e culturale dei vari territori insieme
alle espressioni culturali, il loro saper fare e le conoscenze tradizionali che
custodiscono. Offre progetti e soluzioni di visibilità e rafforzamento delle
identità locali dei vari luoghi, crea eventi basati sul dialogo tra il territorio e
i suoi visitatori grazie a una rete di relazioni internazionali di alto prestigio.
Per info:
+ 39 055 290730
info@lifebeyondtourism.org
www.lifebeyondtourism.org
MOVIMENTO LIFE BEYOND TOURISM TRAVEL TO DIALOGUE
41
La voce
dei poeti
Le liriche di Isabella Cipriani
àmina
nessuna pietra
nessun cartone
né corpi buttati
la mia casa è bianca con il tetto rosso
quando muore
una fenice
Selene
Ho una foglia incastonata nel petto
una fiamma di perla
una scheggia che ramifica in canto.
Cento sono le stelle vaganti
su questo pianeta d’ardesia
che somiglia un po’ al mare
calmo ridotto in placida attesa
di vento di sole
il frumento guarda all’alba
come a una storia d’amore.
Io ti attendo
quieto ardore
cresci divampa
e diventa una lirica stanca
profonda violacea
di mesta assonanza
non calziamo le vie le stesse di sempre.
Siamo suoni diversi
mio tenero amore
che sei stato un lungo sogno
una breve apparizione.
La Via
Ancora in attesa di amare il vello
Signore io sono -
mancante al tuo appello ogni volta che piove.
Soffiano i venti questa sera bastarda
non mi accorgo che la luce che vedo
è la luna a poggiare sul grembo
Madre -
cantami ancora di quando fu tempo di redenzione
cantami ancora di come si abbracciano farfalle e il chiasma
Madre -
ricordami come portarlo.
Il fardello che ingombra la stanza non so neanche se esiste
o forse è un calco di cera di gesso di calce.
Di terra. Per il fuoco. La legna.
Umida questa mattina d'inverno che non vede l'uva stillare il
suo succo. Canterà l'usignolo rinnovato amore
e nel tempo dimentico giacciono cuscini e false lenzuola.
Attendere non è possibile -
quando si fa Buio il rifugio sei Tu
quando si fa Luce sei Tu.
Sei sempre Tu mio Signore
in ogni ovunque in ogni ora
depongo la pietra a terra:
divampa il Cuore.
Sine titulo
Di quale sostanza fui fatta
melilla
e adesso che l’ora s’attarda
ricordo incastonate nel collo
sorgenti verde marino
isabella.cipriani@yahoo.it
Isabella Cipriani
42
ISABELLA CIPRIANI
Ritratti
d’artista
Danilo Susi
Da sempre diviso tra scienza e arte, il medico fotografo torna ad
esporre a Firenze con ARTOUR-O
di Maria Grazia Dainelli
Danilo Susi, medico fotografo, come lui stesso si
definisce, è sempre stato “diviso” tra scienza e arte.
Negli ultimi anni è “di casa” a Firenze, non solo
per aver esposto alle Giubbe Rosse nel 2011 e nel 2017
e a Palazzo Bastogi nel 2018 per aver vinto il premio Firenze-Europa
“Mario Conti”, ma anche per essere uno dei
protagonisti di ARTOUR-O il MUST, il MUSeo Temporaneo.
Il progetto, attivo dal 2005, ha doppiato la boa delle
32 edizioni, due all’anno, la prima sempre a Firenze a
marzo e le altre in autunno via via a Roma, Genova, Bologna,
Shanghai, Yiwu, Montecarlo, Londra (due volte), Praga,
Portofino, Barcellona, Funchal e Malta (due volte). Alla
manifestazione, ideata da Tiziana Leopizzi per attualizzare
il rapporto artista-committente che nei secoli ha reso
l’Italia un paese unico al mondo, Susi ha partecipato con
Acqua Levico nel 2018 e 2019 esponendo all’ASP Firenze
Montedomini e al Convento del Savonarola. Sempre con
ARTOUR-O il MUST è entrato tra i protagonisti di ABC 360°
MUSiAT (MUSeo internazionale Arte Territorio), aperto nel
Monferrato ad Alice Bel Colle ed inaugurato dalla presidente
dell’Accademia delle Arti del Disegno Cristina Acidini
il 3 ottobre scorso. Quest’anno il progetto, che ha saputo
sempre rinnovarsi negli anni, è dedicato alla figura di
Dante Alighieri e ai temi arte, economia e lingua italiana.
La manifestazione si apre all’Accademia delle Arti del Disegno
il 24 settembre alle ore 12.00 con l’assessore alla
Cultura del Comune di Firenze Tommaso Sacchi; seguono
le sezioni A tavola e Percorso in Città con le Tetraktys, Variazioni
sul tema di Dante. Questa versione assolutamente
inedita prevede anche un gioco: i messaggeri di ARTOUR-O
nel mondo potranno completare l’opera inserendo le 2€ di
Dante nel passe-partout, solo allora l’opera potrà dirsi finita.
Danilo Susi è rientrato
tra i dieci artisti della
committenza, i cui lavori
di piccolo formato sono
ispirati al sommo poeta:
precisamente 700 opere
in omaggio appunto ai
settecento anni dalla morte
di Dante. Il medico fotografo
ha tratto dal suo
archivio le immagini più
significative per rappresentare
le tre cantiche ed
ha progettato la sua Tetraktys,
in attesa delle installazioni
composte ognuna
da dieci pezzi, uno per
ogni autore. In corso dal
24 al 26 settembre prossimi,
la manifestazione
vedrà tenersi a Firenze
focus, incontri, conferenze,
cene conviviali, secondo
un percorso in città
scandito dalle Tetraktys.
Dal capoluogo toscano,
ARTOUR-O si sposterà in
giro per il mondo e si concluderà
a Firenze in occasione
dell’apertura del
Museo della Storia della
lingua italiana nel 2022.
DANILO SUSI
43
Ritratti
d’artista
Nikla Biagioli
Un anno di grandi progetti per
l’eclettica artista toscana
di Elisabetta Mereu
L’età è davvero un dettaglio anagrafico se si tratta dell’artista
over 70 Nikla Biagioli, una delle poche esponenti
della Digital Art in Italia. Non l’ha fermata nemmeno
il lockdown mondiale, che anzi le è servito per elaborare diversi
nuovi progetti messi in atto quest’anno. Ad iniziare da un sito
internet dedicato alla sua lunga e variegata attività artistica, collegato
alla pagina Facebook L’arte nel digitale. Negli ultimi mesi,
dopo aver esposto i suoi singolari dipinti in numerose mostre collettive
a Firenze, la pittrice toscana ha continuato, senza sosta,
ad alimentare la propria carriera professionale di nuove opportunità
ed iniziative. Quando ai primi di agosto la incontro per questa
intervista è appena tornata dal Veneto dove, non paga delle
sue due precedenti esposizioni, ha partecipato alla terza edizione
della mostra del Mini Quadro organizzata da Andrea Lucchetta,
della ELLE Galleria di Preganziol, con le opere dal titolo Ricordi
e Dalla Casa di Giotto. «Sono stata molto felice di accettare anche
quest’anno l’invito del gallerista veneto – dice – perché questo
spazio espositivo vuole proporsi anche come centro di ricerca
e sperimentazione di selezionati artisti contemporanei e inoltre
perché l’iniziativa in tre sole edizioni ha assunto grande rilevanza
artistica grazie alla presenza costante di Vittorio Sgarbi. Il grande
critico d’arte ci ha sollecitato a continuare a coltivare la creatività,
perché – ha detto – questo è l’elemento principale che consente
all’artista di rimanere bambino ed è una liberazione di una parte
della propria interiorità che specie le donne hanno dovuto comprimere
nei secoli. L’arte presenta la profondità dell’essere ed è sempre
bellezza. Sgarbi - continua la signora Biagioli - mi ha detto di
proseguire perché le mie opere sono "degne di nota" per il significato
profondo che trasmettono e per la ricerca costante di nuo-
ve tecniche di espressione, consigliandomi di partecipare sempre
ad esposizioni che, come questa di Preganziol, contribuiscono a
dare visibilità agli artisti e alle loro opere, che così acquistano notorietà
e anche valore». Ecco perché, sulla scia di questi autorevoli
suggerimenti, dal 23 ottobre al 5 novembre, Nikla Biagioli
parteciperà anche all’edizione autunnale di ART3 2021, promossa
sempre dall’attivissimo gallerista Lucchetta, che per questo appuntamento
ha invitato come ospite d’onore lo storico e critico
d’arte Giorgio Gregorio Grasso, curatore di moltissime mostre in
Italia e nel mondo tra le quali la 58ª Biennale di Venezia. Ma, prima
della trasferta veneta, la pittrice presenzierà ad un’iniziativa
da lei stessa promossa: DurANTE l’anno, una mostra d’arte collettiva
con opere ispirate agli scritti di Dante, in occasione delle
celebrazioni per i settecento anni dalla morte del sommo poeta.
Un evento culturale che si svolgerà presso la sala della Propositura
nel Comune di Scarperia e sarà rivolto a pittori, scultori, scrittori
di poesie e prose brevi. Queste ultime, il 18 settembre, giorno
dell’inaugurazione, verranno lette da un attore e un’attrice in abiti
medioevali ed esposte insieme ai quadri, a beneficio dei visitatori
che potranno visitare la mostra fino al 25 settembre.
www.niklabiagioli.com
info@niklabiagioli.com
L’arte nel digitale
Nikla Biagioli in uno scatto di Toti Lo Verde
Dalla Casa di Giotto (2016), digital art, cm 30x42
Ricordi (2007), digital art, cm 42x30
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NIKLA BIAGIOLI
Eventi in
Toscana
DurANTE l’anno
Un evento artistico-letterario organizzato in Mugello per celebrare
Dante Alighieri a sette secoli dalla morte
di Elisabetta Mereu
Secondo quanto riporta la prestigiosa
enciclopedia Treccani, il 90% delle parole
in uso ancora oggi sono contenute
già nella Divina Commedia. Non a caso
Dante Alighieri è considerato il padre della
lingua italiana e, data la sua importanza
in ambito letterario e culturale, a 700 anni
dalla sua morte sono state numerose le manifestazioni
organizzate in tutta Italia per ricordarlo.
«Fra le tante iniziative, anche noi
dell’Associazione Culturale E.S.S.E.R.E. di
Barberino del Mugello – afferma la presidente
Nikla Biagioli – abbiamo voluto fare la
nostra proposta artistica per celebrare l’illustre
fiorentino. E così, giocando con il vero
nome del sommo poeta (Durante di Alighiero
degli Alighieri ndr.), è scaturita l’idea di realizzare
DurANTE l’anno, mostra collettiva di
pitture, sculture, poesie e componimenti letterari
brevi tutti ispirati alle numerose opere
di questo straordinario autore, che si terrà
dal 18 al 25 settembre, presso la Sala della
Vecchia Propositura nel comune mugellano
di Scarperia, a quattro giorni dall’effettiva ricorrenza
che sarebbe il 14 settembre. I trentatré
artisti che hanno aderito con i loro
lavori creativi hanno preso spunto un po’ da
tutta la produzione letteraria di Dante, quindi
non solo dalla Divina Commedia. Ma certamente,
per il fatto che è l’opera più famosa e con temi ancora
di grande attualità, le terzine in essa contenute – e in particolare
quelle dei gironi infernali – sono quelle che il pubblico
vedrà rappresentate in maggior misura». In occasione
dell’inaugurazione dell’evento, che sarà ripreso dal team del
giornalista Fabrizio Borghini per la trasmissione televisiva Incontri
con l’arte, i brani elaborati verranno letti da Gabriella
Vallini e Massimiliano Boretti, attori del Gruppo Teatrale Live
Andrea del Castagno, Dante, Ciclo degli uomini e donne illustri, 1450
Art di Borgo San Lorenzo, entrambi in abiti medioevali. I testi,
opportunamente incorniciati, saranno successivamente
appesi vicino ai quadri, così da essere fruiti dai visitatori per
l’intera settimana di esposizione. «Chi visiterà la mostra –
conclude la presidente Biagioli – potrà ammirare anche qualcosa
di davvero singolare, ma questa è una sorpresa. Se ve
lo dico già da ora che sorpresa è? Vi aspetto a Scarperia dal
18 al 25 settembre».
Antonella Albanese
Bruno Anzilotti
Bani Piergiorgio
Benvenuti Flavio
Biagioli Nikla
Bicchi Gloria
Bini Adriano
Brachi Elena
Cappellari Alice
Cavoto Vera
Ciucchi Carlo
Di Placido Chiara
Ferraresi Federica
Fiesoli Antonio
Frullini Neri
Gabellini Patrizia
Galano Maria
Lucia Innocenti
Daniela Karewicz
Giuseppe Langone
Loris Lentucci
Fabrizio Maiorelli
Marta Manetti
Mario Mantelli
Marusca Morozzi
Niccolò Niccolai
Stefano Parrini
Pietracito Elisa
Puttin Franco
Sambataro Maria
Tavino Lidia
Torti Fiorella
Ulivelli Francesca Barbara
DURANTE L’ANNO
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Nuove proposte dell’arte
contemporanea
A cura di
Margherita Blonska Ciardi
Jorge Goncalves Romero
L’artista venezuelano di nuovo protagonista dell’evento Aqvart a
Venezia con una visione della società contemporanea
di Margherita Blonska Ciardi
Anche quest’anno, l’artista venezuelano
Jorge Goncalves Romero, che vive e lavora
a Vienna, prenderà parte alla mostra/meeting
internazionale Aqvart a Venezia,
alla quale ha già partecipato nelle scorse edizioni.
Patrocinato dal Comune di Venezia, l’evento
Aqvart sta conquistando ogni anno sempre più
rilievo negli appuntamenti culturali della Serenissima,
cercando di tenere alto livello artistico
dei partecipanti e migliorando ogni anno la
parte organizzativa. Tra gli artisti di rilievo certamente
si distingue la personalità pittorica di
Jorge Goncalves Romero, che lo scorso anno ha
ricevuto il Premio al Merito per le sue opere che
raccontano, con la potenza di colori sgargianti,
importanti tematiche sociali. Nella
prima edizione di Aqvart, l’artista ha
proposto la serie Street People che rappresentava
la solitudine dei passanti
nelle strade delle grandi metropoli urbane.
Lo scorso anno, invece, a seguito
dello spunto riflessivo offerto dal
primo lockdown, le sue opere erano dedicate
alla danza, che secondo l’artista
è un ottimo rimedio alla depressione
e permette di connettersi con l’energia
positiva del creato. Nella prossima
edizione di Aqvart, Goncalves Romero
risponde alle problematiche che affliggono
la società globale come le continue
chiusure dovute al Covid. Il suo
intento è sottolineare l’importanza della
famiglia attraverso una serie di ritratti
dedicati ai suoi cari e dipinti con
una caratteristica impronta stilistica.
Il ritratto della figlia Maria partecipa
anche al concorso Tamara Art Award
collegato alla Biennale di Firenze. L’opera
è stata selezionare per la mostra
Tamara dedicata alla donna che
si svolgerà a Firenze nel mese di ottobre
2021 presso la Fortezza da Basso e
sarà abbinata all’esposizione delle serigrafie
originali di Tamara de Lempicka
seguita dalla conferenza che vedrà
come ospite Marisa Daporto de Lempicka,
nipote della celebre artista.
Jorge Goncalves Romero
Maria, ritratto della figlia dell'artista
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JORGE GONCALVES ROMERO
Personaggi
Giuseppe Ferlito
Regista e fondatore della Scuola di Cinema Immagina a Firenze
di Rosanna Bari / foto Rosanna Bari e courtesy Giuseppe Ferlito
Giuseppe Ferlito, regista
e sceneggiatore siciliano,
comincia a fare
i primi passi nel mondo della
recitazione a Firenze, frequentando
il corso di drammaturgia
di Eduardo De Filippo presso la
Bottega Teatrale di Vittorio Gassman,
da lui fondata nel ʼ79. Appassionato
di cinema e di regia,
dopo essersi confrontato con la
realtà teatrale, nel 1983 fa il suo
esordio come regista cinematografico,
e dal 1990 si dedica anche
allʼinsegnamento, dapprima
presso il Video Laboratorio del Cinema Spazio Uno e poi
presso la Mediateca Regionale Toscana. Dalla volontà di
un gruppo di registi, scrittori e attori, guidati da Giuseppe
Ferlito e Sandra Patara, nel 1994 nasce nel cuore dellʼOltrarno,
in Borgo Stella, la Scuola di Cinema Immagina, dove
egli è docente e direttore artistico. Svariati i corsi proposti:
recitazione, doppiaggio, regia, montaggio, sceneggiatura
e giornalismo cinematografico. Nella sua scuola,
allievi di corsi diversi sono chiamati a confrontarsi in un
costante dialogo, base per una proficua sperimentazione
interdisciplinare. Sempre coinvolti nella realizzazione
dei suoi lavori, molti di loro sono oggi professionisti affermati.
Autore di film indipendenti, nel 1998 con il film
Femmina, scritto da Giuseppe Patroni Griffi, con Monica
Guerritore e Roberto Farnesi, approda anche al cinema
di grande distribuzione. I suoi film tendono alla sensibilizzazione
dello spettatore verso importanti tematiche
sociali: Infernet, affronta i pericoli che possono deriva-
Con gli allievi della Scuola di Cinema Immagina
re dallʼutilizzo improprio dei social network; Né terra né
cielo, riconosciuto di alto valore culturale e sociale, riceve
il Premio del Pubblico al Festival del Cinema Italiano
di Ajaccio 2004. I suoi due ultimi cortometraggi realizzati
durante lʼestate sono: Vecchio mondo con Roberto
Farnesi, Enrica Pintore e Sergio Forconi, e Oltre il tempo
con Fabio Baronti. Ma già si prefigurano allʼorizzonte gli
obiettivi futuri: la messa in opera di alcune sceneggiature
di lungometraggi di soggetti a sfondo sociale, temi
a lui particolarmente cari. Il 1°
agosto, in Sicilia, il regista ha
ricevuto il prestigioso riconoscimento
alla carriera "Premio
Messina Cinema 2021".
www.cinemaimmagina.it
Scuola Di Cinema Immagina
immagina_scuoladicinema
Il regista Giuseppe Ferlito
Sul set del cortometraggio Vecchio mondo
La consegna del Premio alla Carriera 2021
Con l'attore Roberto Farnesi sul set di Vecchio mondo
GIUSEPPE FERLITO
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La voce
dei poeti
Maria Laura Sorìa Tonelli
La poesia germogliata “nel silenzio interiore”
di Erika Bresci
Il silenzio interiore di Maria Laura Sorìa Tonelli è un hortus
conclusus che racchiude lo spazio privilegiato di un colloquio
intimo, segreto, personale con se stessa e con Dio. È
il luogo dedicato all’incontro, altrimenti difficile, aspro, ruvido
tra quella terra cui spesso si attribuiscono caratteristiche di pesantezza
e grigiore e il cielo “chiaro”, limpido, aperto, luminoso
talvolta fino allo sfavillio, sede di altro, di un poi comunque non
irraggiungibile, se lo si desidera. L’uomo parte dalla terra per
arrivare al cielo. Dalla concretezza animata della più volte ricorrente
triade dolore-gioia-speranza, incrociata sui sentieri del
tempo e della storia, riconoscendosi cosa tra le cose, vedendo
e comprendendo (perché vedere è conoscere), toccando e lasciandosi
toccare dalle meraviglie del creato. Quella terra, che
è polvere e fatica, è anche madre di “orlature trinate / di pini, di
cipressi”, di “murmuri profondi / di acque sorgive”, di colli “infiorati
di viti”. E di fiori, tanti, declinati nei nomi, nelle forme e
nei colori, scelti come cammei a impreziosire la raccolta negli
acquerelli di Silvia Bellone Sorìa, e a plasmare metafore delicate
e profondissime di inquieti stati d’animo e fragile condizione
umana: così la rosa tardiva, all’approssimarsi dell’inverno, può
offrire “qualche bocciolo ancora”, i girasoli ci ricordano come
“il sole li mutava / di giorno in giorno ed era / un tiranno capace
/ d’appassire e piegare / le pesanti corolle, / quasi per condannare
/ la superba illusione / di rivolgersi a lui” e gli asfodeli,
pallidi, “vivendo a lungo, / sfidando il tempo con la nostra storia,
/ […] sembrano corolle di mandorlo fiorito”. Ed è la voce “dei
poeti e degli eroi” (curioso, forse non poi tanto, abbinamento)
respirati in terra di Sicilia – ma è anche la voce di Maria Laura,
che leggiamo in questi versi – che sa tenere teso quel filo che
lega materia ctonia e siderale, lo slancio che attraversa il tempo
per farsi eternità, sussurro eterno, silenzio fecondo. Essere
pronti al balzo, all’incontro chiaro, comprensibile con il Divino,
significa allora aver attraversato il lavorio dei giorni, e averlo fatto
“bene”. Con la consapevolezza dell’esserci, nella comunione
perfetta di corpo e anima, come creatura predestinata al volo.
Difficile, ultimo congedo, dolce zavorra cui dover rinunciare è il
Maria Laura all’età di 60 anni
Sul terrazzo della sua casa a Borgo San Lorenzo con i figli (da sinistra, Francesco,
Maria Cristina, Pietro, Paolo, Ilaria e Maria Francesca), il marito Luigi ed il
suocero Francesco (giugno 1968)
L’addio
In un mese di un anno, / in un giorno del mese, / in un’ora del giorno, / in quel mese dell’anno, / cesserà la mia vita. / Non vedrò
i rami verdi / di foglie o scheletriti / nel grigiore d’inverno; / non vedrò nei solari / riflessi la ballata / dei pulviscoli mossi
/ in turbini leggeri; / non vedrò voli d’ali, / colori di farfalle, / cieli neri stellati / e corolle profumate / schiuse dalla rugiada
/ mattutina, scaldate / dal meriggio assolato. / Non sentirò piangere / chiamando “Mamma” i bimbi, / le madri rimpiangere
/ figli perduti, figli / lontani e, i figli soli, / invocare le madri. / I vostri occhi saranno / forse fissi negli occhi / miei che
spenti vedranno / confusamente incerti / voi che foste a me cari, / come niente fu caro / al mio cuore di madre. / La mano
sarà inerte, / ma tesa ancora in cerca / di quelle vostre dita / tepide e vive, aperte / a chiedere sostegno / sicuro, protettivo
/ amoroso, materno. / Poi, l’Incontro Divino, / il Giudizio Divino, / il Mistero Divino: / comprensibile, chiaro / nella vita
che nuova / ricomincia ed è eterna.
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MARIA LAURA SORÌA TONELLI
“vedere” gli affetti più cari, i figli. L’Addio – che
proponiamo nella sua interezza – compendia
nella perfetta forma e nella limatura precisa
del lessico e della sintassi, nello scandire dei
versi che ricordano antiche partiture, la tensione
tra gli opposti cui l’uomo, nella sua storia,
è costantemente soggetto – e che in tutta la
raccolta si tenta di portare in equilibrio. Fragile
ma possibile. Pericoloso ma necessario. La
sintesi di un processo così acutamente definito
dalla scrittrice: “Nella luce l’ombra si profila
/ la luce dall’ombra è manifesta”. Con la paura
di affrontare l’ultimo tratto di strada da soli,
senza neppure il conforto dei ricordi che Mnemosine
non riesce a trattenere tra le sue candide
dita, anche la poesia si fa essenziale, e
dopo L’Invocazione a Dio – non a una Musa o
al proprio estro poetico – e il chiederGli “senti
la mia voce? / è un singulto, un pianto!”, la
materia poetica si fa insieme rarefatta (perché
lascia il tempo per essere sedimentata e accolta)
e densa (perché racchiude in sé infinite
sfumature di significato), per divenire infine
pacato e luminoso silenzio. Con il marito Luigi in vacanza in Valtellina nell’estate del 1987
Nata a Firenze il 14 giugno 1920 da una famiglia di
origini piemontesi, Maria Laura Sorìa Tonelli crebbe
a Borgo San Lorenzo. Nel 1942 sposò Luigi Tonelli,
giunto a Firenze da Livorno per gli studi universitari e
per iniziare una brillante carriera di chirurgo. Lo seguì dapprima
a Roma e quindi a Perugia e Pisa, per fare ritorno a Firenze
nel 1964. La sua vita, passata ad aiutare il marito con
tanto sacrificio e a dedicarsi ai figli, che aumentavano di anno
in anno fino a diventare sei, ed ai tanti nipoti, la portò
a sposare in pieno l’attività dell’AMMI (Associazione Mogli
Medici Italiani), associazione nata a Mantova nel 1970 per
testimoniare il ruolo di collaborazione che le consorti svolgevano
nel lavoro dei propri mariti. L’AMMI fu fondata a Firenze
da Maria Laura nel 1976. Ben presto, ella divenne un
punto di riferimento per le varie sezioni nazionali e fu eletta
presidente nazionale dell’associazione. L’entusiasmo che
seppe trasmettere alle tante socie iscritte fu di stimolo all’organizzazione
annuale di un congresso nazionale su argomenti
di rilevante interesse medico scientifico, all’istituzione
di premi studio per giovani ricercatori e studenti ed al sostegno
dell’ONAOSI, ente benefico nato per aiutare ed ospitare
in una bella residenza perugina gli orfani di medici, farmacisti
e veterinari. Erano lunghe per Maria Laura le giornate
passate ad aspettare il marito o ad accompagnarlo nelle sedi
di lavoro. Ma proprio questi momenti servivano a pensare
e stimolavano le sue sensazioni e le sue riflessioni. Nacque
così grazie alla sua passione per la scrittura questa raccolta
di poesie. Vengono espressi pensieri nati dalle esperienze
di una vita talora serena, talora difficile, ansie e domande
alle quali tutti vorremo dare una risposta. E qua e là quadri e
scorci di Firenze. Maria Laura è deceduta nel 2009.
MARIA LAURA SORÌA TONELLI
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Fernando Casalini
Il volto di una tradizione senza tempo
Fernando Casalini, Ci rivedremo (2017)
Immagine tratta dal calendario
Fernando Casalini 2020 edito da Polistampa
I giganti
dell’arte
Caravaggio e Michelangelo
Dalla Pietà alla Deposizione, il confronto tra due giganti dell’arte
di Matteo Pierozzi
Nella storia dell’arte abbiamo
avuto due giganti
entrambi di nome Michelangelo:
il Buonarroti e il Merisi da
Caravaggio che solo al suo omonimo
fiorentino ha voluto guardare
e confrontarsi. La vita del
Caravaggio, provata da un’inarrestabile
vocazione autodistruttiva,
inizia a Milano dove nasce da famiglia
piuttosto modesta originaria
di Caravaggio; a 21 anni, nel
1571, è a Roma dove frequenta
botteghe di basso livello finché
non emerge il suo stile brutalmente
realistico. Ci restano di questo
periodo testimonianze quali il volto
del ragazzo malato e le ceste di San Pietro, Città del Vaticano
di nature morte quasi vere. Comincia
a collezionare ammiratori importanti, come il cardinale
Francesco Maria Del Monte, ambasciatore del Granducato di Toscana
presso il Papa, ma nonostante la fama crescente e i cospicui
guadagni, in lui continua ad ardere inesorabile la fiamma
dell’autodistruzione. Degli arresti di Caravaggio a Roma sono
pieni gli archivi, girava armato nonostante le leggi lo vietassero
e finiva regolarmente in galera. Grazie all’aiuto di amici influenti
riusciva però regolarmente a cavarsela finché, nel 1606, durante
una partita di pallacorda, scoppiò una rissa tra spettatori
e un uomo cadde esanime sul selciato: l’aveva ucciso proprio
Caravaggio che dovette fuggire per evitare la pena di morte. Si
rifugiò dapprima a Napoli, dove dipinse le magnifiche Opere di
misericordia e la Flagellazione di Cristo, e successivamente raggiunse
Malta dove fu fregiato del titolo di Cavaliere, acquisendo
uno status sociale al quale, da sempre, aspirava. Lì dipinse capolavori
come la Decollazione del Battista e il San Girolamo, ma
anche nell’isola la sua maledizione continuava a perseguitarlo:
un giorno d’agosto del 1607, durante una partita a carte, esplose
una rissa e ferì gravemente un cavaliere venendo, di conseguenza,
espulso dall’Ordine dei Cavalieri di Malta e incarcerato.
Uno dei suoi amici più potenti, forse un Colonna, riuscì comunque
a farlo fuggire su una nave alla volta della Sicilia. Anche durante
il soggiorno siciliano, dipinse opere destinate a diventare
celebri; sentendosi in pericolo, trovò più conveniente rifugiarsi a
Napoli, dove, però, i sicari del cavaliere ferito a Malta lo raggiunsero
e lo pugnalarono ferendolo gravemente. Dovette andarsene
e tentò di tornare a Roma per chiedere il perdono del Papa,
magari tramite il cardinale Scipione Borghese. Imbarcatosi su
una piccola nave, dopo lo sbarco venne fermato alla frontiera;
già provato dalla malaria e dalle gravi ferite infertegli dei sicari,
si avventurò, claudicante, verso Porto Ercole dove il 18 luglio
Michelangelo, La Pietà (1498-1499), marmo di Carrara, Basilica
Caravaggio, La Deposizione di Cristo (1602-1604),
olio su tela, Pinacoteca Vaticana, Città del Vaticano
del 1610, a neanche 39 anni, concluse la sua breve e tormentata
esistenza. Caravaggio a Roma arrivò con la sua pittura della
verità ma guardò anche e soprattutto a Michelangelo come si
evince dalla Deposizione, un Cristo nudo che sta per essere depositato
su quella pietra che ci osserva con il suo angolo. Cristo
sconfitto, giustiziato, i suoi amici e sua madre distrutti dalla
compassione eppure su questa sconfitta, su questa pietra scartata,
si fonderà la salvezza del genere umano. Caravaggio ce lo
racconta con una sinfonia drammatica: Maria di Cleofa urla la
sua disperazione, la Madonna è impietrita da un dolore agghiacciante
e in primo piano Giuseppe d’Arimatea che, probabilmente,
ha il volto di Pietro Vittrice a cui era dedicata la cappella ma è
inevitabile non notare un’impressionante somiglianza con il volto
di Michelangelo Buonarroti. Cristo, con il braccio abbandonato,
con la mano già annerita dalla morte nelle punte delle dita
mentre San Giovanni Battista, divorato dalle tenebre, cerca un
ultimo contatto con il Maestro: la luce squarcia l’ombra, la taglia
e dal loro conflitto scaturisce il “Vero Visibile”. La suprema bellezza
del corpo nudo, inevitabilmente porta alla Pietà esposta in
San Pietro che Michelangelo scolpì a soli 24 anni, nel 1499. Nella
Biblioteca Del Monte forse Caravaggio poté leggere uno stralcio
di ciò che Vasari nelle sue Vite scrisse a proposito di questa
scultura: «È un miracolo che un sasso, da principio senza forma
alcuna, si sia mai ridotto a quella perfezione». La descrizione
del Vasari e la vista di questa scultura deve aver ispirato Merisi
che nella sua tela non solo cita ma quasi entra in competizione
con Michelangelo e lo fa nella formidabile rappresentazione del
corpo di Cristo. Questa pala, adesso esposta nella pinacoteca
vaticana, un tempo era posta sopra l’altare della cappellina nuova
e quando il sacerdote alzava l’ostia consacrata al cielo questa
risultava perfettamente in asse con lo spigolo della pietra.
CARAVAGGIO E MICHELANGELO
51
I maestri della
architettura
A cura di
Margherita Blonska Ciardi
Adrienne Gorska e Tamara de Lempicka
Due sorelle alla conquista di Parigi negli anni Venti
di Margherita Blonska Ciardi / foto courtesy De Lempicka Estate
Conosciamo molte leggende su Tamara de Lempicka,
la celebre artista sorella di Adrienne Gorska (in polacco
Ada) che seppe affermarsi in Europa come regina
dell’art déco. Per lungo tempo, la figura di Adrienne è
stata messa in ombra della notorietà di Tamara, nonostante
quest’ultima abbia potuto studiare arte a Parigi proprio grazie
al supporto della sorella. Il primo dipinto di Tamara è un ritratto
di Adrienne eseguito nell’adolescenza: quest’opera ha fatto
scattare nella De Lempicka la passione per la pittura. Tuttavia,
Adrienne Gorska merita di essere ricordata non solo perché
grazie al suo amore fraterno oggi possiamo ammirare i
capolavori artistici di Tamara, ma anche perché lei stessa ha
conquistato Parigi negli anni Venti con la sua professionalità
e con il talento d’architetto. Ada e Tamara, due donne moderne
e competitive, provenivano da una famiglia di aristocratici e
intellettuali polacchi emigrati a Parigi in seguito alla rivoluzione
bolscevica. Le due sorelle, quasi coetanee (tra di loro correva
solo un anno di differenza), avevano un legame fortissimo e
in un certo senso si somigliavano per il fatto di avere entrambe
una personalità di donne determinate ed emancipate che
proprio per questo hanno saputo sviluppare al massimo le loro
capacità professionali. Adrienne era andata per prima a Parigi
Una poltrona progettata da Adrienne
per completare gli studi universitari all’École Spéciale d’Architecture
seguendo la cattedra di Robert Mallet-Stevens. È stata
tra le prime donne a conseguire la laurea in Architettura, considerata
all’epoca una disciplina prettamente maschile. In breve
Lo studio di Tamara a Parigi
52
SORELLE ALLA CONQUISTA DI PARIGI
Interno di un bar a Parigi (designer Adrienne Gorska)
tempo è riuscita a farsi conoscere ed apprezzare come ottima
progettista e designer d’interni, realizzando tanti ambienti
di impronta modernista e déco come la ristrutturazione della
casa rurale dell’editrice americana Barbara Harrison. Nel 1930,
in un articolo pubblicato sulla rivista specializzata The Architect
and Building News, Ada scrive: «Si potrebbe suggerire che
il modernismo sia stato spietato, persino brutale, e che questi
attributi siano maschili, ma abbiamo prove, in una serie di
sorprendenti interni moderni, che le donne stanno rispondendo
allo stesso modo all’impulso per l’espressione moderna».
Da questa affermazione, accanto alla competenza e alla competitività
professionale, emerge una figura femminile forte e
indipendente che con il suo lavoro ha divulgato ideali d’uguaglianza
tra uomini e donne. Nel 1934, sposa il collega architetto
Pierre de Montaut legato al Bauhaus, e insieme collaborano
nei due importanti studi Molinè e Nicod. Adrienne si specializza
nella progettazione di cinema e lavora per la famosa società
cinematografica Cineac. Sia Adrienne che Tamara si sono distinte
tra le donne del loro tempo per aver conquistato l’indipendenza
economica e la libertà che ne deriva. Le due sorelle
si vedevano spesso abitando entrambe a Parigi. Nei momenti
di dubbio, Tamara si rivolgeva sempre alla sorella, chiedendole
consigli e seguendo però dopo le sue personali e libere scelte.
Adrienne ha aiutato Tamara, prima che questa riuscisse ad affermarsi
come artista, nei momenti di maggior difficoltà, come
ad esempio il divorzio dal marito Tadeusz. Anche una volta arrivata
al successo, Tamara si è rivolta alla sorella Adrienne per
progettare il suo famoso atelier parigino: andavano tutti a vedere
e ad ammirare il suo studio in rue Méchain, dove il colore
grigio delle pareti era in sintonia con le idee moderniste e i pochi
arredi minimalisti disegnati da Adrienne e laccati di grigio
valorizzavano i colori dei quadri di Tamara. Oltre che sorelle,
sono state quindi due donne in carriera (cosa alquanto insolita
ai quei tempi) che hanno saputo conquistare la Parigi del Novecento
nel settore dell’arte e dell’architettura.
via Fratelli Rosselli, 8, 51010 Massa e Cozzile PT
tel 0572/79338
www.habimat.it/showrooms/habimat-caralli
SORELLE ALLA CONQUISTA DI PARIGI
53
A cura di
Margherita Blonska Ciardi
Nuove proposte dell’arte
contemporanea
Alma Sheik
Raffinati quadri astratti ispirati agli antichi mosaici esposti nella
mostra Aqvart a Venezia e alla Biennale di Firenze
di Margherita Blonska Ciardi
Alma Sheik, nata in Suriname e cresciuta in Olanda,
ha iniziato a dipingere fin dalla prima infanzia, seguendo
la sua vocazione con costanza ed impegno.
La sua pittura sincera ed appassionata rappresenta un vero
canto di gioia alla vita che riscontriamo nelle sue nature
morte e nei paesaggi, dipinti con cromie sgargianti che
rispecchiano la sua anima sudamericana e in cui l’artista
inconsciamente riporta sulle tele i colori della terra di origine.
Le sue prime opere sono colme di energia positiva per
la scelta di tonalità luminose e brillanti, che l’artista stende
sulle tele con pennellate spontanee e materiche. Mentre le
nature morte si riferiscono alle avanguardie del Novecento
come l’espressionismo di Paul Cézanne, le recenti opere
sono caratterizzate da una sempre più incisiva e personale
impronta stilistica. La sua pennellata unisce il puntinismo
francese all’antica tradizione del mosaico. Reinterpretando
le decorazioni e le pavimentazioni degli storici edifici termali,
l’artista le inserisce nelle sue composizioni semi-astrat-
te. In questo modo riesce ad unire il presente al passato,
creando una pittura raffinata che evoca quiete ed armonia.
Negli ultimi lavori i colori si fanno più delicati e la tavolozza
è ricca di tonalità pastello. La vita di Alma, piena di viaggi,
le ha permesso di esporre le proprie opere in giro per il
mondo – da New York presso l’Agorà Gallery alla Francia e
all’Olanda –, ricevendo numerosi premi e pubblicazioni. Dal
1994, abita e lavora a Lucca dove, circondata dalla straordinaria
bellezza della natura toscana, presso la sua fattoria
trova le fonti d’ispirazione e la luce perfetta per dipingere.
Recentemente le sue opere sono state esposte alla Scuola
Grande di San Teodoro a Venezia, dove, nella terza edizione
di Aqvart, ha ricevuto il Premio al Merito per la sua originale
impronta stilistica. Alma Sheik è stata convocata alla finale
del concorso Tamara Art Award ed esporrà due sue opere
all’evento dedicato a Tamara de Lempicka accanto alle opere
della celebre artista polacca. Organizzato dallo Studio
Artemisia in collaborazione con il De Lempicka Estate degli
Stati Uniti, l’evento si svolgerà presso la Fortezza da Basso
all’interno della Biennale Internazionale d’Arte Contemporanea
di Firenze. Le Odalische danzanti di Alma Sheik presentate
in concorso raccontano l’eterno carisma femminile
esercitato attraverso le movenze della danza. La premiazione
dei vincitori si svolgerà in presenza di Iacopo Celona,
direttore artistico della Biennale, e Marisa Daporto de Lempicka,
pronipote della grande pittrice.
Polpo
Acqua
ALMA SHEIK
55
Giuliana Casi
Nel segno di Piero
Omaggio a Piero della Francesca, acrilico su tela, cm 50x70
Quest’opera si ispira al sogno di Costantino tratto dalla Storia della vera croce di Piero
della Francesca nell’abside della chiesa di San Francesco ad Arezzo. La tenda non
protegge il sonno di un guerriero ma i simboli della pittura pierfrancescana: l’uovo della
Pala di Brera, il libro dei Padri della Chiesa, il corallo rosso del Bambino Gesù, il vasetto
degli unguenti della Maddalena ed il trono dorato di Cosroe. Essere nati a Sansepolcro,
comporta una certa responsabilità.
giuliana.casi76@gmail.com
A cura di
Stefano Marucci
Storia delle
religioni
Riflessioni sull’Enciclica di
papa Francesco Laudato Si’
Papa Francesco prende le distanze da chi, minimizzando
il rischio ambientale perché lo ritiene non certo o
non così grave, fa finta di non vedere o nutre la speranza
un po’ fatalista che i problemi si risolveranno da soli, magari
con la bacchetta magica della tecnica o del mercato. Il
pontefice, al contrario, usa un linguaggio allarmistico: se continuiamo
così, questo secolo potrebbe essere testimone di cambiamenti
climatici inauditi, per cui le previsioni catastrofiche
non possono essere guardate con sufficienza o ironia. Di certo
in questo caso non si potrà dire che la Chiesa si è svegliata
tardi o non abbia avuto sguardo profetico. Francesco è consapevole
che, su questi temi, non è possibile pronunciare parole
definitive, nondimeno sente il dovere di far sentire forte la sua
voce in difesa della Terra. Pertanto non basta più solo preservare
e rispettare, è giunto il momento di riparare il nostro pianeta,
ripristinare la naturale bellezza e la biodiversità. Perché,
come afferma il tema della Giornata della terra che si è celebrata
il 22 aprile 2021, solo un pianeta sano è garanzia di sussistenza,
lavoro e salute per l’umanità. In sistemi alimentari
provocano l’80% di perdite di biodiversità ed è allarme allevamenti
intensivi. Di fronte, poi, ad un certo intorpidimento e ad
una “spensierata irresponsabilità” nell’uomo contemporaneo,
urge “creare un sistema normativo” per assicurare la protezione
degli ecosistemi. Il mondo è comunque il mondo dell’uodi
Valter Quagliarotti
2^ parte
mo, donato all’uomo e affidato alla sua custodia responsabile.
Anche se la crisi ecologica deriva proprio dal potere smodato
di utilizzo e di abuso che l’uomo esercita sulle cose create,
questo non significa equiparare tutti gli esseri viventi e togliere
all’uomo il suo valore peculiare. Il primato dell'uomo sulla creazione,
così chiaramente affermato dalla Bibbia va mantenuto.
Anzi, è una delle contraddizioni del movimento ecologico
quella di voler proteggere la terra più della vita e della dignità
della persona umana. Si situano in questo contesto i richiami
del Papa contro l’aborto, la cui giustificazione stride con la
difesa della natura e la riduzione forzosa della natalità. L’enciclica
sollecita a concepire la Terra come patria e l’umanità come
popolo che abita una casa comune. Ogni cristiano deve
diventare “sale della terra” nel senso di tradurre l’esistenza in
un atteggiamento di accoglienza, aprirsi a un dinamismo culturale
e sociale. Nell’enciclica il Papa chiede di fare i conti con
la crescita quantitativa dei poveri, aumentati vertiginosamente
a causa di questa pandemia; è connessa a questo aumento
anche l’estensione di nuove tipologie di disagio. Proteggere
l'ambiente naturale significa porsi questioni fondamentali sul
modo di produrre, consumare, abitare lo spazio e vivere nella
società. Prendersi cura della casa comune configura una grande
sfida per il futuro e chiede di recuperare un nuovo stile di
sobrietà che dia il segno di una riconversione etica profonda.
ENCICLICA DI PAPA FRANCESCO
57
Concerto in
salotto
A cura di
Giuseppe Fricelli
Quartetto Cetra, una lezione di polifonia
di Giuseppe Fricelli
Ascoltare i Cetra è ancora oggi per tutti noi una vera
gioia. Quello che affascina in tale complesso vocale
è la naturalezza con cui presenta ed esegue
le canzoni, nel pieno rispetto delle estensioni delle voci e
dell’architettura musicale. Tantissimi i brani divenuti famosi
nelle indimenticabili interpretazioni dei Cetra. Ritmo, fraseggio,
espressività, musicalità, intonazione, fan sì che questo
complesso sia paragonabile per abilità ad un vero quartetto
d’archi classico. In loro spiccano doti come intelligenza,
gusto, garbo, equilibrio vocale: il tutto fuso e concentrato
in una squisita polifonia, quattro voci eseguite simultaneamente
ed aventi una individualità più o meno pronunciata
a seconda delle esigenze della musica e del testo. I componenti
di questo magico quartetto erano: Lucia Mannucci,
Virgilio Savona, Felice Chiusano, Giovanni (Tata) Giacobetti.
Ebbi modo di conoscere personalmente sia la signora
Mannucci che suo marito Virgilio Savona: due persone
gentilissime. Lucia Mannucci aveva una deliziosa vocalità
accompagnata da una intonazione perfetta e da un gusto
musicale raro ed invidiabile. Virgilio Savona era l’anima del
quartetto. Possedeva una conoscenza profonda della pagina
musicale. Era un vero talento ed un ottimo musicista.
Famose le parodie realizzate in televisione dai quattro artisti:
piccoli capolavori nei quali i Cetra mettevano in risalto
le loro doti canore ed anche
di veri attori. Tantissime le canzoni
da loro incise, moltissimi i
programmi radiofonici e televisivi,
varie le loro partecipazioni
a film, riviste teatrali, doppiaggi
cinematografici e soprattutto
centinaia di concerti eseguiti
in tutto il mondo con trionfi di
pubblico e critica. Vi invito ad
ascoltare o riascoltare questo
magnifico ed unico nostro complesso
vocale, proverete grandi
emozioni e divertimento.
Il Quartetto Cetra
Nato nel 1948, Giuseppe Fricelli si è formato al Conservatorio “Luigi Cherubini” di Firenze diplomandosi
in Pianoforte con il massimo dei voti. Ha tenuto 2000 concerti come solista e
camerista in Italia, Europa, Giappone, Australia, Africa e Medio Oriente. Ha composto musiche
di scena per varie commedie e recital di prosa.È stato docente di pianoforte per 44 anni presso
i conservatori di Bolzano, Verona, Bologna e Firenze.
58
QUARTETTO CETRA
A cura di
Lorenzo Borghini
Il cinema
a casa
Il sale della terra
Wim Wenders incontra Sebastião Salgado
di Lorenzo Borghini
Il sale della terra è un progetto monumentale
nato dalla genesi tra le immagini del
regista Wim Wenders e quelle del fotografo
brasiliano Sebastião Salgado, un documentario
che ci mostra il nostro mondo in un
bianco e nero che svela un futuro incerto e un
presente da cambiare. Salgado ha girato ventisei
paesi, accompagnato sul campo dal figlio
Juliano Ribeiro – co-regista del film – omaggiando
la bellezza del pianeta attraverso i suoi
reportage ma anche i lati oscuri, quegli angoli
bui in cui domina la miseria, la guerra e l’avidità
dell’uomo. Avidità che ci mostra con sguardo
lucido immortalando milioni di minatori
della Serra Pelada, la più grande miniera a cielo
aperto del mondo, un El Dorado macchiato
di sangue, in cui uomini scavano, trasportano
chili d’oro sulla schiena e si accatastano gli
uni sugli altri come animali, sembra quasi che
nell’aria si respiri la legge del “chi si ferma è
perduto”. Un luogo senza tempo, o meglio un
luogo che il tempo lo attraversa in lungo e in
largo. Lo stesso Salgado ci confida il suo stupore
davanti alla Storia messa dentro un buco
che racchiude milioni di esistenze: «Quando
sono arrivato sul ciglio di questo immenso buco,
mi si è aperta davanti in una frazione di
secondo la storia dell’umanità, la storia della
costruzione delle piramidi, la torre di Babele,
le miniere di re Salomone». Ci mostra i pozzi
di petrolio incendiati in Medio Oriente come
scenari danteschi, con fiamme alte decine
di metri dai contorni ben definiti e in alto un
cielo intinto di nero che sa tanto di Apocalisse.
Apocalisse come quella di cui è testimone
in Rwanda. Mezzo milione di persone massacrate
da armi da fuoco, machete e bastoni chiodati. Un genocidio
che nel 1994 dimostra l’ennesima sconfitta dell’uomo
sull’uomo. Salgado rimane sconvolto da tutta questa brutalità,
decide di fuggire da questo mondo corroso dalla violenza,
dal denaro, dalla fame e dall’economia. Decide di andare
alla ricerca di posti incontaminati, luoghi in cui l’uomo non
ha preso il sopravvento, in cui la natura selvaggia è pura come
migliaia di anni fa. Intitola il progetto Genesi, e sarà l'unico
modo per ritrovare il contatto con il bello, l’odore dell’aria
com’era all’alba dei tempi e soprattutto ritrovare se stesso
e la fiducia ormai persa nel genere umano. Un viaggio durato
circa otto anni fra le foreste tropicali dell’Amazzonia, del
Congo, dell’Indonesia e della Nuova Guinea, fra i ghiacciai
dell’Antartide e fra i deserti dell’Africa e dell’America; tutti
mondi in cui natura, animali ed esseri viventi vivono ancora
in equilibrio con l’ambiente. Tornato in Brasile – insieme alla
moglie – decide di abbandonare la fotografia per dedicarsi
ad un’opera di riforestazione nella propria terra, trasformando
in foresta equatoriale una larga area in via di estinzione. Lì
ha piantato decine di migliaia di alberi e la natura è tornata a
vivere. La lezione di Salgado ci insegna che il nostro mondo
è stato spinto al limite, è malato ma non morto e con impegno
e sudore è possibile salvarlo. Wim Wenders ha dichiarato:
«Un fotografo è letteralmente uno che disegna con la luce.
Un uomo che descrive e ridisegna il mondo con luci e ombre»
e Salgado incarna alla perfezione questa figura divina disegnando
una parabola del nostro mondo triste e sconsolata in
cui però la speranza è l’ultima a morire.
IL SALE DELLA TERRA
59
Giuliana Berteri
La pittura come esperienza emozionale
L'inizio, acrilico, stucco e carta su tela, cm 120x100
www.giulianaberteri.it
giulianaberteri@live.it
+ 39 347 2392409
Firenze
mostre
All’Auditorium al Duomo la collettiva
dell’associazione Napoli Nostra
di Jacopo Chiostri
La sala Giuliano Borselli dell’Auditorium al Duomo è stata
sede, lo scorso fine luglio, di un’importante mostra organizzata
dall’associazione Napoli Nostra. Titolo dell’esposizione,
cui hanno partecipato settantasei artisti, La scienza è il
futuro, l’arte l’eternità. Presenti le telecamere di Toscana TV, le cui
riprese sono state offerte nei giorni successivi agli spettatori di
Incontri con l’arte, lo storico appuntamento serale di Toscana TV
(è visibile ora su YouTube), l’esposizione è stata presentata da
Fabrizio Borghini e dal direttore artistico dell’associazione partenopea,
l’ingegnere Gennaro Corduas; un saluto a nome della Regione
Toscana è stato portato di persona dal governatore Eugenio
Giani. La ragione del titolo della mostra l’ha spiegata al pubblico
presente lo stesso Gennaro Corduas che ha affermato che oggi
più che mai dobbiamo affidarci alla scienza per superare il brutto
momento che stiamo traversando, ma al contempo non dobbiamo
perdere l’entusiasmo e lo stimolo per continuare a proporre e
diffondere la magia dell’arte che mantiene, come sempre è stato,
un’identità e una presenza nella nostra storia che va ben oltre il
contingente. L’associazione culturale Napoli Nostra, organizzazione
no profit, si occupa della promozione di eventi e studi a carattere
culturale. Lo scopo è quello di contribuire alla crescita morale e
sociale della popolazione. Oltre a mostre di pittura e grafica – realizzate
in Italia e all’estero – ha all’attivo importanti pubblicazioni
scientifiche di testi di storia dell’arte. Firenze e in particolare l’Auditorium,
dopo altre sedi in cui l’associazione ha portato gli artisti
soci, è stata scelta, come detto da Corduas, per la sua posizione
strategica. D’altra parte, nel suo intervento, proprio Fabrizio Borghini
ha evidenziato come la centralità della location a due passi
da piazza del Duomo, abbia offerto agli artisti in mostra una visibilità
senza pari anche da parte dei molti turisti presenti a Firenze.
Eugenio Giani invece si è soffermato sui punti di contatto a carattere
principalmente storico che ci sono stati, e ci sono, tra Napoli
e Firenze, un concetto ripreso anche da Borghini che ha ricordato,
a proposito del centenario, che si celebra quest’anno, della scom-
Un momento dell'inaugurazione: da sinistra, il presidente della Regione Toscana
Eugenio Giani, l'ingegnere Gennaro Corduas e il giornalista Fabrizio Borghini
parsa del grande Enrico Caruso “il più grande tenore di sempre”,
come questi, napoletano di nascita, nel 1904, reduce dai successi
della sua tournée americana, comprò proprio a Firenze Villa I
Pini, l’attuale Villa Gisella, dove visse fino alla morte. Proprio per
celebrare il legame tra Toscana e Campania nel nome di Caruso,
nel 2022 Napoli Nostra organizzerà una collettiva di artisti di entrambe
le regioni nella villa toscana residenza del noto tenore. Tra
le altre iniziative promosse dall'associazione vanno ricordate le
manifestazioni, patrocinate dal Comune di Napoli, in spazi espositivi
inusuali, quali la magnifica scalinata liberty Francesco D’Andrea
in via dei Mille, la splendida Galleria Umberto I, l’esposizione
al Museo Etnografico di San Pietroburgo, denominata Stagioni Italiane,
la recente all’Art Centre di Silkeborg Bad (Danimarca) e alla
Maison d’Italie – Cité Internationale Universitaire de Paris (Francia)
con una collettiva itinerante dal titolo Luci, colori e forme del
III Millennio. Tra le pubblicazioni notevole rilievo e successo ha
avuto il volume di storia dell’arte contemporanea Tra tradizione
e innovazione, pubblicazione a carattere scientifico. I settantasei
artisti in mostra a Firenze provenivano da molte delle regioni italiane
e tutti i generi pittorici conosciuti erano rappresentati, dal
figurativo all’informale, il concettuale, la pittura astratta e quella
simbolista, oltre a sculture e medaglistica. La mostra all’Auditorium
al Duomo ha accolto i visitatori fino al 2 di agosto.
Allocca Orlando
Balljana Carlo
Barisani Maria Michela
Bel Passo Rita
Belloi Franco
Bertelli Mirco
Bianco Lino
Bosco Danilo
Bubba Anna
Cacciatori Flavio
Calcinai Chiara Valentina
Candido Carmela
Catino Tina
Cesari Adelco “Varren”
Cherubini Giovanni
Cialone Domenico
Ciccarelli Nunzia
Cintelli Molteni Ermella
Coppi Maria Beatrice
Cristoni Enrico
Da Silva Zita Regina
De Cicco Mario
De Geronimo Antonio
Degano Emanuele
Di Leno Carmela
Digiovanni Sara
Fattore Michele
Ferruzzi Caruso Debora
Foresti Paolo
Fucina Paola
Fusari Giuliana Maddalena
Gennaccaro Angelo
Giannini Adriana
Guerrini Verena
Iacaruso Raffaele
Innocenti Furio
Kaluzhyna Liliia
Lacrimini Paolo
Maiorelli Fabrizio
Manfredelli Nicola
Marchiaro Paola
Mariani Francesco
Mariani Luigi
Mascioli Silvana
Maso Vania “Chiccalux”
Mauceri Giovanni
Mazza Stefania
Menghini Marzia
Mercati Anna
Mercogliano Annarita
Micheletto Susanna
Morante Marla
Nazer Fausto
Oria Gemma
Paccosi Angelo
Pacilli Adamo
Panichi Fausto
Pesci Fabrizio
Petrassi Fabio
Preda Valentina
Pubblici Lorella
Razza Pino
Remotti Renzo
Rodomonti Alef
Ruggeri Annamaria
Satta Maria Caterina
Schuchardt Ariane
Serra Pietro
Serratore Antonella
Sticco Anna
Susini Rita
Tardito Tiziana
Tissone Mariella
Trabuio Lionello
Verrina Lucia
Versetti Giorgio
Zompicchiatti Silvano
NAPOLI NOSTRA
61
Ritratti
d’artista
Vince
La materia in sintonia con il vissuto dell’artista
di Carmen Schipilliti
Vince, nome d’arte di Vincenzo Di Piazza, nasce il 25
giugno del 1960. La sua passione per l’arte ha inizio
nel 1990 come collezionista delle opere di artisti
di Pistoia, città che ha eletto come sua dimora e che lo vede
tuttora partecipe nella vita imprenditoriale. Col tempo, il
semplice interesse per l’arte è diventato il tramite che collega
la sua professione di impresario alla creazione artistica.
Partendo da una profonda conoscenza dei materiali, inizia
ad assemblarli e a farli convivere prima in maniera semplice,
poi sempre di più in modo articolato, fino a farli corrispondere
al suo ideale artistico. I primi esperimenti risalgono all’anno
2004 e si protraggono in maniera sporadica per alcuni
anni, senza una progettualità concreta, ma piuttosto con la
curiosità ed il piacere di chi prende confidenza con un nuovo
linguaggio ricercandone l’equilibrio cromatico. Le opere
di questi anni sono ben lontane dalla piena maturità artistica,
ma contengono il germe della sua produzione futura.
Solo nell’ottobre del 2015 decide di confrontarsi con l’opinione
del pubblico allestendo una mostra presso lo Spazio
Arte Pistoia, grazie alla quale attira l’attenzione dello scultore
romano Alessandro D’Ercole che firma anche la critica
del catalogo della mostra stessa. Incoraggiato dal successo
della prima personale, viene invitato ad esporre nuovamente,
nell’aprile del 2016, nella sua città, presso l’Art Gallery Arte
in San Biagino, dove accetta una nuova sfida: creare opere
di grandi dimensioni. Le sculture sono geometriche e pesanti,
con cavi di metallo, pannelli di legno e supporti di piombo
che la fanno da padroni. Nel febbraio 2016 riesce ad ottenere
visibilità in una delle città a lui più care dal punto di vista
artistico: Praga. Infatti, da giovane, residente per lavoro proprio
nella capitale ceca, si innamora della corrente del cubismo
cecoslovacco, amore tuttora ardente che continua ad
essere influente anche nella sua professione. Il 25 giugno
2016 crea il Post Industrial Atelier, sua base artistica personale
dove ospita anche collaborazioni ed eventi di altri artisti.
Nel settembre dello stesso anno inizia la collaborazione,
ancora oggi in corso, con la Galleria Merlino di Firenze, dove
viene apprezzato per le sue sculture. Il tratto caratteristico
della sua arte è la ricerca continua di materiali da plasmare
e a cui ridare nuova vita e dignità; ricerca che lo porta ad elevare
l’essenziale a vero oggetto del suo lavoro. Collocabili
nel filone dell’arte povera, nata negli anni Sessanta e ancora
oggi radicata in Italia, le sue creazioni sfruttano materiali del
quotidiano, dell’ambiente edile e di uso comune trasformandoli
e caricandoli di significati inaspettati e dandogli nuova
vita. Nei suoi lavori si può inoltre percepire l’influenza del cubismo
cecoslovacco risalente al periodo in cui in gioventù è
vissuto a Praga. Nelle sue produzioni vi è da una parte il superamento
del figurato e del figurativo, dall’altra la ricerca di
un punto centrale di fuga, un suono, un’energia dai quali le li-
Senza titolo, tecnica mista su lamiera con cornice di metallo, cm 101x65
nee compositive, più o meno visibili, si dipartono per cercare
verso l’esterno della composizione, oltre i bordi della tela
o del supporto, nuove possibili architetture o sistemi. Il colore
si aggrega al resto della composizione in modo materico,
mostrando in quasi tutte le opere una patina di fondo
tesa a rappresentare il campo di azione sul quale va ad inserirsi
il materiale al momento più sentito ed empaticamente
desiderato perché in totale sintonia col vissuto dell’artista.
Vince vive, opera e si immedesima nella materia, che spesso
appare uniforme senza esserlo, poiché il colore si addensa
sul colore, virando in mille diversi riflessi, su una sola
tonalità di base, volendo mantenere una sorta di uniformità
e coerenza timbrica; poi l’insieme aumenta in un crescendo
costante attraverso l’aggiunta di materiali sempre più consistenti
e rigidi.
vinceart60@gmail.com
62
VINCE
Ritratti
d’artista
Barbara Briccolani
Le tante anime di un’artista poliedrica
di Jacopo Chiostri
Artista per professione e per passione, Barbara Briccolani
dipinge, affresca, restaura e crea opere in ceramica.
Vive a Marradi, in una casa-atelier, e lavora in
proprio occupandosi di tante cose, decorazioni murali e su legno,
affreschi, restauro, conservazione e recupero di manufatti
lapidei e lignei e di dipinti su tela e su tavola; alla pittura
si dedica prevalentemente come attività privata. All’origine
del suo lavoro, così duttile e multiforme, c’è una solida preparazione
che risale agli studi presso l’Istituto Ballardini di
Faenza dove si è diplomata Maestra d’arte nella sezione Ceramica,
al successivo perfezionamento e specializzazione in
Arte della maiolica, poi all’esperienza lavorativa alle dipendenze
di una ditta, specializzata in restauro e conservazione,
durata circa vent’anni, fino al 2007; dopo di allora, come
accennato, la Briccolani ha optato per la libera professione,
che svolge tuttora. Molti e importanti i suoi lavori. I primi li
realizzò, forte degli studi sulla ceramica, avvalendosi di una
tecnica di una certa complessità: la ceramica a terzo fuoco,
considerata un vero e proprio comparto scientifico e utilizzata
in genere dalla grande industria. A metà anni Ottanta un
lavoro in ceramica, innovativo sia dal punto di vista formale
che fattuale, le valse il primo premio ai Magazzini del Sale
a Cervia: l’opera era un cono in ceramica intitolato Decal “coni”
mania. Artista moderna, la Briccolani è però saldamente
ancorata alla classicità, che ha studiato e che influenza con
forza i suoi lavori. A questo proposito, tra i molti esempi che
si possono fare, vanno ricordati un’Annunciazione del 1995,
eseguita su intonaco all’interno di una torretta, e una splendi-
Presente e ricordi (2012), tecnica mista su tela, cm 29x45
da Madonna degli Archiroli realizzata nel 2007 su intonaco a
secco in un tabernacolo; entrambe le opere si trovano a Marradi,
paese di adozione dell’artista, che vi risiede fin da giovane
dopo essere vissuta in Garfagnana dove è stata concepita
e dove la famiglia si era trasferita dalla natia Premilcuore
(provincia di Forlì) per motivi di lavoro del padre, guardia forestale.
Il lavoro forse più importante eseguito a oggi dalla
Briccolani – certo il più impegnativo – è però l’affresco all’interno
del paretaio di proprietà della famiglia Camporesi-Servetti
a Galeata. Alla Briccolani è stato affidato l’affresco della
sala nobile. I lavori, disseminati tra il soffitto e il camino, raffigurano
lo stemma baronale della famiglia Servetti, l’uomo
vitruviano di Leonardo, scelto come simbolo umanista e di
fratellanza, e decine di uccelli canori, fedelmente riprodotti
e ciascuno accompagnato dal suo nome in latino, italiano e
dialetto romagnolo: una meraviglia di colori armonici, di grazia
compositiva e di così tanta vivacità che il visitatore quasi
si aspetta di vedere gli uccelli staccarsi dal soffitto e svolazzare
cinguettando. Nella sua casa, con i soffitti com’è ovvio
finemente decorati, sono raccolti i quadri. I soggetti sono
classici e in ogni caso senza tempo, e questo sia che si tratti
di soggetti religiosi che di paesaggi, di un vaso con ciliegie
– la cui luce denota capacità pittorica di grande qualità
– oppure di un vassoio con frutta, di un ritratto di bambina o
di un autoritratto. Per la sua pittura, l’artista ricerca supporti
meno comuni, quindi non sempre la classica tela, piuttosto
cartoni telati e supporti che ricordino le superfici murarie oggetto
delle sue decorazioni e affreschi. Sono lavori minuziosi
nei dettagli, talvolta perfino
miniaturizzati com’è
una composizione denominata
Paesaggi dove in
uno spazio di meno di
un metro per poco più di
mezzo, compaiono più di
trenta piccoli scorci paesaggisti,
noti e non, e come
nell’opera Pirghino
e gli altri animali, di dimensioni
ancora minori,
dove gli animali rappresentati
sono ben oltre i
cento. La Briccolani è in
movimento continuo, sta
dipingendo una meridiana
sul muro esterno di
casa e l’abbiamo lasciata
a Faenza impegnata in
un dipinto su tavola.
BARBARA BRICCOLANI
63
Nuove proposte dell’arte
contemporanea
A cura di
Margherita Blonska Ciardi
Michal Ashkenasi e Stephanie Holznecht
Entrambe protagoniste dell’appuntamento espositivo Aqvart a Venezia
di Margherita Blonska Ciardi
La terza edizione di Aqvart continua a distinguersi
nella scaletta degli eventi culturali della città di
Venezia. La mostra ha radunato diversi artisti internazionali
che si esprimono con le proprie tecniche su tematiche
ambientali sottolineando l’importanza dell’acqua.
Quest’anno la cerimonia d’apertura è stata ispirata da un’idea
di Julia Ciardi che, insieme alla scuola di danza diretta
dalla professoressa Marina Prando, ha sviluppato una coreografia
per esprimere solidarietà alle donne di Kabul. La
figura della donna infatti è fondamentale per la vita dell’umanità
quanto lo è l’acqua e per questo va rispettata ed
onorata. Il mare, con il movimento delle onde, allude all’alternarsi
del bene e del male così come, in maniera altrettanto
alterna, le donne nel mondo conquistano e perdono i
propri diritti. La danza d’apertura, accompagnata dal brano
Silence di Beethoven, ha ripreso con movimenti sinusoidali
del velo le onde della laguna, dalle quali le ballerine, avvol-
Stephanie Holznecht, Forget me not
Michal Ashkenasi, opera della serie Sculture d'Acqua
te in un telo azzurro, hanno cercato di liberarsi. Le stesse
tematiche possiamo trovarle nei lavori di Michal Ashkenasi
e Stephanie Holznecht, due artiste sempre presenti ad ogni
edizione di AqvArt. L’israeliana Michal Ashkenasi, con la sua
innovativa tecnica di computer art chiamata “multifusion”,
ha presentato una serie di quadri intitolati Sculture d’Acqua,
in cui cerca di catturare la bellezza dei vortici e lo scintillare
dei colori che alludono ai vetri di Murano. La tela presentata
dall’artista americana Stephanie Holznecht intitolata Forget
me not (Non ti scordare di me) è un’opera astratta che esprime
la lotta delle donne per le pari opportunità, mentre il vortice
dalle sfumature rosso-arancioni rappresenta l’energia
della loro protesta. Le donne sono ancora oggi penalizzate
anche nei paesi sviluppati, dove in ambito professionale
vengono pagate meno dei loro colleghi maschi. È ormai risaputo
che la donna, per ottenere il successo professionale,
deve dimostrare molte più capacità dell’uomo, andando
spesso incontro a casi di mobbing
e stalking prima di arrivare
ad una posizione di rilievo. Lo
scorso anno, Michal Ashkenasi
e Stephanie Holznecht hanno ricevuto
il Premio di merito per la
loro ricerca artistica ed entrambe
parteciperanno nel prossimo
mese di ottobre alla Biennale
d’Arte Contemporanea di Firenze
nell’ambito dell’evento dedicato
alla memoria di Tamara de
Lempicka.
Cesare Triaca
L’affermazione della
tradizione artistica lombarda
di Margherita Blonska Ciardi
Cesare Triaca, Velieri sul lago di Como
Altro artista presente ad Aqvart è Cesare Triaca, premiato nell’edizione
della manifestazione nel 2020. Le sue tele rimangono fedeli alla
tradizione artistica dell’Ottocento nella quale l’elemento dell’acqua
spesso domina il paesaggio. L’artista e restauratore lombardo cattura la bellezza
delle vedute del lago di Como con i velieri e le barche. Nei suoi quadri
sembra di sentire la voce dell’acqua e il soffio del vento, con le vele che si piegano
sotto la sua forza, suggerendo un’atmosfera di rilassatezza e serenità.
64
AQVART A VENEZIA
Eventi in
Italia
Aqvart 2021
Giunta quest’anno alla terza edizione, la rassegna di arte contemporanea
internazionale si conferma tra gli eventi culturali di punta della città di Venezia
Testo e foto di Margherita Blonska Ciardi
Anche quest’anno, la terza edizione di Aqvart a Venezia
ha radunato artisti internazionali venuti personalmente
alla rassegna dedicata al rapporto tra l’elemento
dell’acqua e l’arte. La manifestazione si è aperta ricordando
l’architetto e scultore veneto Gianni Arico da poco scomparso.
Il suo contributo è stato fondamentale per organizzare la
prima edizione di Aqvart nel 2019, alla quale ha partecipato
come ospite d’onore con le sue opere in vetro. Lo Studio Artemisia
ha voluto assegnare il premio alla carriera a questo maestro
della scultura che, oltre ad eseguire in bronzo e vetro la
decorazione della facciata del Teatro Goldoni, si è distinto per
la realizzazione di sculture dedicate alla memoria di Vivaldi
che oggi sono collocate nelle piazze di città importanti come
Venezia, Vienna e Miami. Arico era a conoscenza del premio
che gli sarebbe stato assegnato e ne era molto soddisfatto.
A seguito della sua scomparsa, è stato il figlio Stefano a ritirare
il riconoscimento al posto suo, alla presenza della consigliera
comunale e vicepresidente della Commissione Cultura
Deborah Onisto, della Guardian Grande Roberta Di Mambro,
della segretaria della Scuola Grande di San Teodoro Monica
Baratella e dell’architetto Bruno Lambiase. A questa edizione
di Aqvart hanno partecipato, insieme ad artisti che da sempre
aderiscono all’iniziativa come Jorge Goncalves Romero, Stephanie
Holznecht, Michal Ashkenasi e Cesare Triaca, anche
diversi nuovi artisti provenienti da Francia, Inghilterra, Emirati
Arabi e Polonia. Molto interesse hanno riscosso le tele dai colori
intensi del decano dell’Università delle Belle Arti di Bialystok,
il professor Erest Zawada, le cui opere sono dedicate al
concetto di energia rappresentata sia come frequenza delle
onde elettromagnetiche che come gamma di luce che si infrange
percorrendo l’infinito universo di sfumature dell’arcobaleno.
Kim Oberoi, artista di origine indiana che vive e lavora
a Dubai, ha sorpreso invece con i suoi preziosi lavori che uniscono
l’arte ornamentale calligrafica alla meditazione. Le sue
opere Destination e Balance, esposte in mostra ed eseguite
con la tecnica dell’acquarello mista a colori acrilici e pigmenti
estratti dal caffè, fanno parte della serie usata dall’artista
per fare arteterapia. Gli acquarelli della pittrice inglese proveniente
da Oxford Diana Archer rivelano il fascino antico delle
nobildonne veneziane del Settecento, con i volti coperti da
maschere e pose seducenti che esercitano un fascino misterioso.
Le Vibrazioni di Mariagrazia Zanetti, artista di Novara,
trasmettono una soave atmosfera coloristica creata dal connubio
tra realtà e immaginazione. Le onde dell’astrattista belga
Christine Hilarius alludono all’infinità di sfumature e al
movimento dell’acqua. I nuovi lavori presentati questo anno
dall’olandese Alma Sheik riprendono le tonalità rosa antico
ed ocra delle storiche pavimentazioni a mosaico delle chiese
venete. Ricorrendo alla particolare tecnica del puntinismo,
l’artista fa vibrare il colore
trasmettendo emozioni che
uniscono l’antico con particolari
ispirati alla natura. Nei
quadri astratto-naturalistici
del francese Xavier Caudron
possiamo ammirare
esplosioni di colore intenso
e saturo con le quali l’artista
denuncia l’azione distruttiva
dell’uomo ai danni dell’ambiente.
David Schab, artista
polacco residente a Bristol,
ha esposto le sue nature
morte di impronta fauve, in Un momento del ballo di apertura
cui si serve della prospettiva
incrociata per ottenere un
della manifestazione
effetto decorativo e cromaticamente sgargiante che evoca felicità
e gioia di vivere. Lo vediamo nell’opera La tavola d’artista
dove ogni particolare vuole esprimere bellezza. Secondo
l’artista, la felicita è presente in ogni momento della nostra vita,
dobbiamo solo saperla riconoscere: così possiamo essere
felici anche bevendo il caffè dentro una tazza colorata oppure
mangiando un frutto mentre stiamo lavorando. Ha suscitato
grande scalpore l’installazione dello svedese Fredrik Olsen in
cui varie tonalità di verde contrastano con tele color argento
metallico per rappresentare la sottrazione del suolo alla natura
a causa della sempre maggiore espansione urbana. Molto
originali i quadri della professoressa di Educazione artistica
all’Università di Cracovia Kinga Lapot Dzierwa, che appartengono
ad una serie dedicata alla donna e colpiscono per l’intensità
delle spatolate materiche di rosso e la stilizzazione in
stile Modigliani della figura femminile che diventa icona del
mistero e del glamour della donna. Dopo la mostra a Venezia,
le opere di Kinga Lapot Dzierwa saranno a Firenze per partecipare
all’evento Tamara Art Award che avrà luogo nell’ultima
settimana di ottobre presso la Fortezza da Basso nell’ambito
della XIII edizione della Biennale di Firenze. L’evento è collegato
ad una conferenza e ad una mostra delle serigrafie originali
di Tamara de Lempicka. Tra gli artisti presenti quest’anno
ad Aqvart anche lo scenografo e pittore inglese Michal Henry
Ferrell, con opere dedicate alle ambientazioni del mercato
del pesce di Venezia: un’anteprima della sua mostra personale
che avrà luogo alla Scuola Grande di San Teodoro a maggio
del 2022 e che sarà dedicata agli scorci della città lagunare. Il
successo dell’edizione Aqvart 2021 è stato legato anche alla
preziosa collaborazione con la scuola di danza della professoressa
Marina Prando e con lo staff di esperti del video e del
suono AFS di Andrea Furlanetto.
AQVART 2021
65
Ritratti
d’artista
Stefania Silvari
Un’artista dall’innata capacità interpretativa
di Doretta Boretti
Quando la memoria e il dolore
si vestono di luce e di vita nasce
la pittura di Stefania Silvari.
Stefania è una docente che
ama il rapporto con i giovani ai quali
comunica le proprie conoscenze e
il suo entusiasmante e reale senso di
compiutezza. Le sue opere non sono
mai banali e sono frutto di una perseverante
ricerca che richiede molta determinazione,
attenzione e tempo. Nasce
così un dialogo tra colori, spazi, linee,
che si incontrano nel dipanarsi di accurate
pennellate e, in quell’equilibrio
tra pensiero e gesto, donano all’occhio
dell’osservatore emozioni di vera gioia
e stimolano, con vigore, ad una attenta
e accurata riflessione. Dalla sua
giovinezza ad oggi, nell’evolversi della
sua pittura, il colore e la forma hanno
trovato, nelle opere di questi ultimi
anni, il loro equilibrio. Stefania Silvari,
adesso, è libera, grazie anche alla sua
Musica gitana 2
Sky 2
66
STEFANIA SILVARI
L'abbondanza
Tango
Femminile
innata creatività e capacità interpretativa
di creare manifesti
per svariati eventi, illustrare libri
di racconti e di poesie, libera
di dipingere splendidi quadri
riconosciuti con pregevoli premi,
in un tutt’uno che fa di lei
un’artista veramente unica nel
suo genere e, plasmata dalla
vita reale, un’artista vera. Una
delle sue ultime opere intitolata
Musica gitana, opera grafica
orientale (figurativa), ha
aperto il concerto al Grey Cat
Jazz Festival il 18 agosto scorso,
concerto con quattro musicisti
internazionali (Cantini,
Bonaccorso, Salis e Drake).
L’opera ha ottenuto un enorme
successo e non poteva essere
altrimenti perché questa artista,
così ricca di femminilità,
ha conservato in sé quella intrigante
voglia di fare esperienze
sempre più innovative e originali,
tali da portarla a raggiungere
anche traguardi a volte
inaspettati.
STEFANIA SILVARI
67
Eccellenze toscane
in Cina
A cura di
Michele Taccetti
Le politiche di internazionalizzazione
nell’era post Covid
di Michele Taccetti
Nell’era del post Covid, le imprese saranno costrette a
considerare nuove strategie di internazionalizzazione.
Il virus, che ancora blocca l’accesso di uomini e
limita la circolazione di merci in alcuni paesi, ha messo a nudo
tutta la debolezza di un mercato globale internazionale basato
sulla massiccia e rapida circolazione di merci, tanto da
perderne l’origine o il valore aggiunto legato alla provenienza,
tutto in nome della logica del profitto. Anche il movimento di
persone ha visto un brusco ridimensionamento ed ha aperto
a riflessioni che prima non si facevano, forse imbrigliati dall’isterismo
del muoversi comunque. Il turismo ha subito un brusco
stop. Paesi come l’Italia si basavano su numeri enormi
di incoming straniero, ai quali però non sempre corrispondevano
i ritorni economici sperati, poiché spesso questa massa
si muoveva troppo rapidamente da un luogo ad un altro e
con logiche low cost che poco lasciavano al territorio. Il Covid
ha avuto il merito di far riscoprire l’Italia agli italiani che si
sono così accorti che talvolta mete lontane e disagiate non
sono belle ed economiche quanto le località del proprio paese.
Se dal punto di vista del tempo libero il Covid ci ha costretti
a conoscere meglio i nostri territori e a riscoprire mete
locali, dal punto di vista commerciale la questione cambia. In
certi paesi non è stato possibile presenziare a fiere ed eventi
promozionali, organizzare incontri, invitare potenziali partner
commerciali o buyer, e questo ha senza dubbio penalizzato
la promozione e l’export dei nostri prodotti soprattutto in quei
mercati dove si rende necessaria un’adeguata presentazione
della cultura e del lifestyle dei territori dove i prodotti hanno
origine. Ma anche in questo caso, seppur in modo altamente
traumatico, il Covid, con il suo isolamento forzato, ci ha fatto
capire quanto sia importante un’attenta ed oculata strategia
ed una seria programmazione dell’azione di internazionalizzazione.
Troppo spesso la facilità di spostarsi, organizzandosi
anche in tempi brevi, hanno spinto le aziende a partecipare
ad eventi e fiere o missioni nei nuovi mercati sull’onda della
curiosità e dell’apparente low cost senza effettuare una preventiva
ricerca e studio e, soprattutto, senza pensare a come
poter gestire le opportunità che si venivano a creare da questi
viaggi. Il Covid ci ha fatto capire che molti incontri e fiere,
soprattutto nei nuovi mercati, potevano essere evitati o sostituiti
da incontri online. Ma soprattutto ci ha fatto capire che
affrontare un nuovo mercato lontano necessita di una base
operativa diretta in loco. La Cina, ad esempio, registra sin da
oltre un anno pochissimi casi di Covid grazie anche ad un rigido
controllo dell’incoming straniero che è scoraggiato dal
visitare il grande “Paese di Mezzo” per la difficoltà di ottenere
visti, trovare voli e per le politiche di quarantena che allungano
i tempi di accesso e permanenza. Il mercato interno,
tuttavia, è rimasto molto attivo e la merce circola
senza problemi, anche quella di importazione.
Le fiere sono molte e sono sia online che offline.
Le piattaforme informatiche si sono moltiplicate.
Il mercato e-commerce, già ben sviluppato
negli ultimi anni, ha avuto una forte crescita con
la pandemia. Le aziende straniere che negli anni
hanno investito creando relazioni solide e proprie
strutture sono quelle che hanno retto all’urto
del virus e talvolta hanno visto rafforzata la loro
presenza sul mercato. Questa terribile piaga
ci insegna ancora una volta che credere e scommettere
su un mercato vuol dire programmazione,
visione a medio e lungo termine e creazione
di strutture proprie che possano controllare, monitorare
e sviluppare opportunità di business in
modo graduale e meno rischioso.
Amministratore unico di China 2000 SRL e consulente per il
Ministero dello Sviluppo Economico, esperto di scambi economici
Italia-Cina, svolge attività di formazione in materia di
marketing ed internazionalizzazione.
michele.taccetti@china2000.it
China 2000 srl
@Michele Taccetti
taccetti_dr_michele
Michele Taccetti
68
POLITICHE DI INTERNAZIONALIZZAZIONE
A cura di
Lucia Petraroli
Il super tifoso
viola
Claudio Desolati
L’opinione dell’ex attaccante viola
sul nuovo ciclo targato Italiano
di Lucia Petraroli
Ex attaccante viola, Claudio Desolati ha trascorso ben
dieci anni a Firenze (1971-1981). Ha esordito proprio
con la maglia viola alla tenera età di 17 anni, disputando
dieci campionati con 152 presenze in serie A e 43 reti. Con la
Fiorentina ha vinto la storica Coppa Italia del 1974. È uno dei più
prolifici cannonieri gigliati. Con lui ci siamo interrogati sul nuovo
ciclo targato Italiano.
Come giudica la scelta di Italiano sulla panchina viola?
Il calcio d’estate inganna. Bisogna aspettare il campionato per
capire bene. È un buon allenatore, sa mettere in campo le sue
squadre. È un tecnico molto schietto con la squadra e questo è
un bene. Se funzioni giochi, sennò stai in panchina.
Di cosa necessita questa squadra dopo anni difficili?
Innanzitutto bisogna sfoltire la rosa. Deciderà poi l’allenatore su
chi puntare. Di sicuro occorrono idee nuove e un cambio di passo
dopo anni tristi. Credo che Italiano possa portare aria nuova.
Come valuta l’attacco?
Allo Spezia, Italiano ha fatto buone cose, dovrà puntare sui suoi
fedelissimi, dargli fiducia, così da garantire il miglior rendimento.
Cosa si aspetta dalla gestione Commisso?
Commisso è un ottimo comandante ma il calcio è diverso
rispetto al suo settore. Si può anche avere la possibilità di
spendere soldi ma non sempre si riesce ad avere risultati. Bisognerà
individuare e puntare sugli elementi giusti per non
sbagliare un’altra annata.
Burdisso affiancato a Pradè: è una buona scelta?
I risultati non sono arrivati, non è facile oggi, non sempre trovi
giocatori adatti al gioco che ti serve. La vicenda Ribery mi
ha fatto molto pensare, a mio avviso un grande sbaglio. Io
non avrei preso mai né lui né Callejon, avrei puntato fin da
subito su profili giovani. Va bene il campione ma devi anche
pensare al futuro. Quel tipo di giocatore non può darti più di
quello che dà, sono soldi sprecati.
Caso Antognoni?
Mi dispiace molto. È un grande campione. C’è stata leggerezza
sulla vicenda. Si è rimandato molto, non c’è stata chiarezza.
Non puoi offrire ad un personaggio del genere un ruolo
Claudio Desolati in maglia viola
nel settore giovanile, è squalificante. L’assenza di bandiere
oggi peserà molto. Vedi anche Dainelli, Donadel, Buso, etc..
Ci vuole rispetto per la persona. Cambiando sempre dirigenti
non arrivi a nulla; devi creare un ciclo, affidarti a delle persone
e crederci, altrimenti i risultati non arrivano.
Quali differenze tra questa e la sua Fiorentina?
Il calcio è molto cambiato proprio nello stesso gioco giocato.
Si gioca a zona, non ci sono più marcatori e difensori veri,
per esempio. Noi in rosa eravamo tutti italiani, ci conoscevamo
già tutti, c’erano altri valori. Oggi si cambia squadra ogni
anno, non c’è più attaccamento alla maglia. Non si gioca per
la squadra ma per il singolo. Tutti cercano di fare gol, non c’è
più il passaggio al compagno. Non ci sono più gli Antognoni
e i Rivera.
Il ricordo più bello in maglia viola?
Ho passato dieci anni bellissimi a Firenze, ho giocato con
grandi campioni come De Sisti, Merlo, Ferrante. Sapevamo
già come giocavamo, ci
si esaltava tra noi, eravamo
un gruppo. Giocavamo per la
squadra.
CLAUDIO DESOLATI
69
Toscana
a tavola
A cura di
Franco Tozzi
Le uova: un classico intramontabile in cucina
di Franco Tozzi
Questo mese presentiamo due ricette a base di uova,
due piatti che sul buffet dell’Accademia hanno poca
vita. Il primo è una frittata con un’erba facile da
trovare nei campi (non sui bordi stradali…), la borragine,
della quale si usano anche i fiori assai decorativi. La
seconda è una specie di tortino, un po’ più complicato per la
preparazione, ma assai gustoso, specialmente se il burro ed
il taleggio sono un “ricordo” delle recenti ferie in montagna.
Accademia del Coccio
Lungarno Buozzi, 53
Ponte a Signa
50055 Lastra a Signa (FI)
+ 39 334 380 22 29
www.accademiadelcoccio.it
info@accademiadelcoccio.it
Frittata di borragine
Ingredienti:
- 8 uova
- un etto di cipolline bianche
- un bel mazzo di foglie di borragine (all’incirca la dimensione è quella di due mazzi di bietole che si comprano al mercato)
con tutti i fiori
- mezzo bicchiere di olio “bono”
- sale e pepe q. b.
Per raccogliere la borragine e per lavorarla occorre munirsi
di guanti anche leggeri, perché ha gli aculei come
l’ortica anche se è meno fastidiosa. Dopo averla raccolta,
levare tutti i fiorellini e metterli da parte. Tagliare finemente
le cipolline, metterle in padella con l’olio e farle
appassire; successivamente aggiungere le foglie di borragine
dopo averle leggermente scottate (un tuffo e via)
così da poter usare anche le foglie più grandi. Appena
cominciano a prendere calore, versare le uova sbattute
e condite con sale e pepe, girare il tutto e fare rapprendere.
Al momento giusto, girare la frittata in modo che
venga ben cotta da entrambe le parti. Metterla sul vassoio
di portata dopo averla tagliata a spicchi; a questo
punto spandere i fiori sulla frittata e servire. È buona anche
fredda, ma i fiori, nel caso, dovranno essere aggiunti
al momento del servizio.
Uova alle verdure
Ingredienti:
- 8 uova
- un etto di taleggio
- 3 carote
- 3 gambi di sedano
- 2 carciofi
- un cespo di radicchio rosso
- mezzo bicchiere di olio
- burro
- sale e pepe q. b.
Saltare in padella, con metà olio, le verdure fatte a pezzettini,
mentre il radicchio rosso, che ha bisogno di una cottura
più lunga, una volta fatto a striscioline, sarà messo
a cuocere in un’altra padella con il restante olio; una volta
che le verdure saranno cotte, unirle insieme e lasciarle
riposare. Prendere delle ciotoline da forno e sistemarci
le verdure sul fondo e sui lati, lasciando lo spazio per le
uova, uova che andranno prima cotte “in camicia” e poi
sistemate al centro delle ciotoline. Tagliare il taleggio a
fettine sottili e appoggiarle sulle uova, poi tutto in forno
a gratinare. Questo piatto va mangiato caldo, con il formaggio
che fonde.
70 LE UOVA
A cura di
Manuela Ambrosini
Di-segni
astrologici
Vergine
Un segno connesso con la
terra e con il benessere
di Manuela Ambrosini
Il senso del ritmo ordinato e pacato disegna la tua quotidianità
e la tua pace. Vergine, tu stai bene quando le
cose dentro e fuori di te sono funzionali e precise. Non
si tratta solo di stabilire un contatto con ciò che è ordinario
e consueto, cosa che ti infonde serenità, ma anche di
scorgere tutto quello che è “stonato” rispetto all’andamento
regolare delle cose. Quindi, in poche parole, hai un’eccellente
propensione a riparare oggetti, alle qualità che
afferiscono al senso del tempo, alla semplicità dell’essere
e del divenire cadenzato nella giornata, nella settimana
e nel mese. Il tuo pianeta governatore, nel mio metodo, il
pianeta Y, oggi identificato con Sedna, ti conferisce il compito
di custodire l’ordine planetario. Tu sei il re/la regina
dei sistemi e mantenerne l’esistenza efficiente ed efficace
è parte della tua essenza ed espressione nel mondo. Mi
riferisco alla semplicità e alla continuità del movimento
planetario che incede inesorabile e instancabilmente sempre
uguale nei secoli dei secoli. Questa capacità del moto
sempiterno allude alla tua missione universale, comunque
Walter Valentini, Nel cielo (1), puntasecca con retouche a foglia oro, cm 149,5x79,5
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tu la voglia narrare nella tua vita. Sei connessa con la terra
e il benessere che viene dal condurre una vita sana, ricca
di valori ecologici e piena di bellezza, quella che
viene dallo star bene più che dalla cura estetica. Sei
un ottimo ricercatore della verità, non solo perché ci
si può fidare di te, ma anche perché hai metodo. Infatti,
quando dici una cosa, sei abile a camminare
nelle tue parole, a corrispondere a ciò che hai promesso.
Allo stesso tempo il tuo fare, organizzato e
ritmato in modo eccellente, ti permette di diventare
autore di metodi o esecutore eccezionale di procedimenti
realizzati da altri. Diciamo che sei un ottimo
braccio destro e puoi contribuire notevolmente alla
conservazione delle cose e degli spazi. L’aspetto
ombra che incombe su di te: il giudizio, la critica e la
rigidità. Fai attenzione a mantenerti allenato/a sulla
flessibilità, specialmente in ambiti su cui avverti
di entrare, facilmente, in meccanismi forzati. Se
dovessi entrare in un cerchio di amicizie o colleghi
tieni presente che sarai il collante, ma nessuno se
ne renderà davvero conto. Sei maestra/o di umiltà e
compassione, quando sei allineato/a con te stesso.
Astrologa, professional counselor, facilitatrice in costellazioni
familiari, è fondatrice del metodo di crescita personale Oasi di
Luce e insegnante di Hatha Yoga. Vive e lavora a Monsummano
Terme, effettua incontri individuali di lettura del tema natale astrologico
e di counseling ed è insegnante del corso online di astrologia
umanistica Eroi di Luce.
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71
Mauro Mari Maris
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Percorsi d’arte
in Toscana
Il tabernacolo di via dell’Arcolaio a Firenze
Un piccolo gioiello da recuperare
Testo e foto di Doretta Boretti
Se agli abitanti del Quartiere 2, a Firenze, venisse chiesto
dov’è il “tabernacolo”, così erroneamente chiamato,
di via dell’Arcolaio, molti saprebbero fornire
correttamente le indicazioni stradali. Se la stessa domanda,
invece, venisse posta ad un abitante di altre zone, scopriremmo
che pochissimi ne conoscono l’esistenza. Ma se
per caso, come spesso succede, qualche persona, passando
da via dell’Arcolaio, lo vede, se ne innamora all’istante e la
Il tabernacolo di via dell'Arcolaio a Firenze
prima domanda che si pone è: «Perché è così trascurato?».
Dalle non facili ricerche effettuate si evince che il “tabernacolo”
fu voluto da Baccio Bandinelli nel XVI secolo e forse fu
costruito su uno precedentemente eretto in ricordo delle numerose
vittime della peste del 1348, proprio nel luogo dove
c’era stato un lazzaretto. Fatto è che, dopo varie vicissitudini
nei secoli, oggi, se lo possiamo ancora ammirare, lo dobbiamo,
in gran parte, ad un comitato per l’estetica cittadina,
voluto dall’allora sindaco di Firenze
Pietro Bargellini; comitato che
alla fine degli anni Cinquanta, per
salvarlo da un modificando assetto
della viabilità, lo fece smontare,
restaurare e rimontare, voltandolo
verso il nuovo incrocio stradale.
Il tabernacolo si presenta così:
è sorretto da due colonne in pietra
serena, alla sommità dell’arco
frontale è collocato lo stemma
della famiglia Bandinelli, un tetto
in mattoni rossi lo protegge e al
suo interno si trova un grande dipinto
raffigurante la Samaritana al
pozzo. Il comitato, nel 1969, fece
restaurare a proprie spese il dipinto
al pittore Cesare Benini. Fu un
lunghissimo e complesso lavoro
di restauro, effettuato anche sulle
tracce fotografiche dell’opera
originaria che non era più completamente
visibile, opera probabilmente
dipinta dal pittore Matteo
Rosselli (1578/1650). Purtroppo,
il bellissimo dipinto della Samaritana
al pozzo avrebbe di nuovo un
gran bisogno di restauro. Il bene è
adesso del demanio che lo ha dato
in comodato d’uso alla chiesa
di Coverciano per novantanove anni.
Ma ad oggi, settembre 2021, il
luogo, del tutto abbandonato, è il
gradito ritrovo di gatti e piccioni.
Ci vorrebbe proprio che il Comitato
per il decoro e restauro tabernacoli
e gli Amici dei Musei Fiorentini
si prendessero veramente a cuore
questa bellissima “edicola”, malamente
dimenticata dai più e così
colma di arte e di storia.
TABERNACOLO
73
B&B Hotels
Italia
B&B Hotels
La scelta migliore a Roma per coniugare qualità e prezzo
di Chiara Mariani
B&B Hotel Roma San Lorenzo
Se vuoi un vero assaggio della “Dolce Vita” e sei alla
ricerca di un hotel a Roma per scoprirne tutte le
bellezze, scegli B&B Hotels. La catena internazionale
con più di 580 hotel in Europa e 49 in Italia, è presente
nella capitale con ben 5 strutture, tutte localizzate capillarmente
per soddisfare qualsiasi tipo di esigenza, sempre
all’insegna della sicurezza, del comfort e al miglior rapporto
qualità prezzo. Dalle piazze alle fontane, dai monumenti
ai musei e dalle ville agli edifici religiosi, Roma è un vero
e proprio museo a cielo aperto; soggiornare qui significa vivere
un’esperienza ammaliante, in cui poter anche coniugare
un’ottima gastronomia. Visita il Colosseo, una delle sette
meraviglie del mondo moderno e l’unica in Europa. Gioca ad
osservare la Cupola di San Pietro da Villa Pamphilj: più ti avvicinerai
e più diventerà piccola, e non dimenticare il rituale
lancio della moneta alla Fontana di Trevi. Per il tuo soggiorno,
nello storico quartiere San Lorenzo, si trova il B&B Hotel
Roma San Lorenzo Termini, vicino alle stazioni ferroviarie di
Roma Termini e Roma Tiburtina, e a due passi dall’Università
degli Studi di Roma La Sapienza e dal Policlinico Umberto
I. Puoi scegliere, invece, il B&B Hotel Roma Trastevere,
che si trova nell’omonimo quartiere, a pochi passi dal Colosseo,
il Circo Massimo, i Fori romani, la Fontana di Trevi e
Piazza Navona. Nella zona Nord, il B&B Hotel Roma Pietralata
Tiburtina si trova a poca distanza dalla metropolitana,
grazie alla quale potrai raggiungere via Cavour, la Basilica
di Santa Maria Maggiore e via dei Serpenti, pullulante di locali
e bar tipici. Nella zona Sud del centro storico c’è il B&B
Hotel Roma Tuscolana San Giovanni, vicino alla metropolitana
e a punti di interesse come le Terme di Caracalla e la
Chiesa di San Giovanni in Laterano. Se invece atterri o sei in
partenza dall’aeroporto di Fiumicino, il B&B Hotel Roma Fiumicino
è perfetto per il tuo pernottamento: comodo, funzionale
e ben collegato al centro della capitale.
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74
B&B HOTELS
Su B&B Hotels
Destinazioni, design, prezzo: B&B Hotels unisce il calore e
l’attenzione di una gestione di tipo familiare all’offerta tipica
di una grande catena d’alberghi. Un’ospitalità di qualità a
prezzi contenuti e competitivi, senza fronzoli ma con una forte
attenzione ai servizi. Colazione con specialità salate, dolci
e gluten free, camere dal design moderno e funzionale con
bagno spazioso e soffione XL, Wi-Fi in fibra fino a 200Mega,
TV 43” con canali Sky e satellitari di sport, cinema e informazione
gratuiti. Nei B&B Hotels sono presenti Smart TV che offrono
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B&B HOTELS
75
A tavola
con...
A cura di
Elena Maria Petrini
Antonio Petrocelli
Una vita tra cinema e teatro accompagnata dalla passione per la
fotografia, la scrittura e la buona cucina
di Elena Maria Petrini / foto Maria Grazia Dainelli e courtesy Antonio Petrocelli
In questo nuovo appuntamento della rubrica dedicata
al cibo della memoria, in cui artisti e personaggi
del mondo dello spettacolo raccontano
i gusti culinari collegati a ricordi o ad episodi particolari
della loro vita, intervistiamo l’attore, umorista,
cabarettista, scrittore e regista Antonio Petrocelli.
Originario di Montalbano Jonico, in provincia di Matera,
dove fin da piccolo scopre il piacere della recitazione,
si trasferisce a Firenze. Qui frequenta il
liceo classico e si laurea in Lettere con indirizzo storico.
Inizia la sua carriera proprio a Firenze entrando
come attore professionista al Teatro della Convenzione,
scelto da Valerio Valoriani. Durante una delle
sue esibizioni incontra Alessandro Benvenuti che
lo sceglie per farlo entrare nel gruppo dei Giancattivi
al posto di Franco Di Francescantonio. Dopo qualche
anno si trasferisce a Roma, lasciando così il posto
nei Giancattivi a Francesco Nuti. A Roma abita insieme
a Carlo Monni presso amici comuni (da qui l’amicizia con
l’attore campigiano), insieme anche a Roberto Benigni. Nella
capitale prosegue l’attività di attore e si esibisce al Teatro Alberico,
dove nell’ottobre del 1977 debuttava Roberto Benigni
con Cioni Mario, e sotto, all’Aberichino, invece Carlo Verdone
con Tali e quali. Da lì il passaggio al cinema è stato breve, e
in ben trentanove anni di carriera ha realizzato ventisei film
TV, fiction e varietà, cinque serie TV, quarantasei film e ventotto
pieces teatrali. Ha lavorato con importanti registi come:
Francesco Nuti, Gabriele Salvatores, Nanni Moretti, Giuseppe
Bertolucci, Marco Bellocchio, Liliana Cavani, Paolo Sorrentino,
Carlo Mazzacurati, Daniele Luchetti ed altri.
Quando è nata la tua passione per la recitazione?
Tutto è nato nel mio paese, alle scuole elementari, dove ho
avuto la fortuna di trovare un grande maestro che sapeva stare
con i bambini e comunicare con loro. Suppongo avesse
un grande intuito psicologico, e già negli anni Sessanta al
Sud faceva, a suo modo, animazione teatrale. Oltre a recitare
delle scenette, mi ha insegnato soprattutto a leggere la
punteggiatura e a far capire a chi ascolta quello che hai detto,
proprio come deve fare un attore con il pubblico che lo
ascolta. Questi suoi insegnamenti hanno fatto nascere in me
la passione oltre che per la recitazione anche per la scrittura,
la poesia e la sintassi. A Firenze facevo parte del gruppo teatrale
del liceo, con il quale sono stato protagonista nell’opera
intitolata Processo a Gesù di Diego Fabbri. Sempre a Firenze,
qualche anno dopo, sono entrato nel gruppo del Teatro Incontro
di Rifredi. Devo ringraziare anche la Chiesa Evangelista
Valdese di Firenze perché a loro devo il mio percorso di studi.
Antonio Petrocelli (ph. Maria Grazia Dainelli)
Vista la passione per la scrittura, hai scritto monologhi per
il teatro?
Sì. Quando ero al Teatro della Convenzione a Firenze ho conosciuto
altri attori e umoristi come Mario Pachi, il quale mi ha stimolato
a scrivere un monologo nel mio dialetto e ho prodotto
un’opera intitolata Tropico di Matera che poi ho presentato a Firenze
alla rassegna Tu-molto dei Ciompi alla casa del popolo. In
occasione di questa esibizione, grazie all’addetto stampa del Teatro
della Pergola, ho conosciuto il direttore Alfonso Spadoni, che
ha inaugurato la stagione del piccolo spazio della Pergola col
mio monologo. Un altro testo di successo è stato Puzza di Basilico
sulla realtà del Sud, drammatico, comico e poetico allo stesso
tempo. Ho anche tradotto Il canto del pastore errante in lucano
e mi sono esibito agli Uffizi in occasione dell’Estate fiorentina.
Dove hai girato il tuo primo film?
Proprio qui a Firenze nel 1977. Il film s’intitolava L’appuntamento
con la regia di Giuliano Biagetti e con la partecipazione
di Renzo Montagnani (il futuro Necchi nel film Amici Miei
ndr.) e Laura Poli, miei genitori nel film, Barbara Bouchet e
Mario Carotenuto. Poi mi sono trasferito a Roma.
Qual è il tuo “cibo della memoria” che ricordi con più emozione?
Sicuramente i fichi con le mandorle che faceva mia madre.
Il cassone dove lei conservava il cibo ancora oggi mantiene
“quel profumo” di fichi seccati al sole per una settimana e poi
aperti uno per uno per metterci dentro alloro, finocchietto selvatico
e mandorle spezzate. In seguito, venivano chiusi, messi
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ANTONIO PETROCELLI
Sì quella della fotografia. A Firenze, in Santo Spirito, ho frequentato
lo studio di Raffaello Bencini, grazie al quale ho collaborato
a pubblicazioni con foto di palazzi e chiese
fiorentine. Ho sempre avuto la passione della fotografia;
mi sono diplomato con Vittorio Sorani e questo
mi è servito anche per fare le fotografie degli
spettacoli teatrali a cui partecipavo. Inoltre, come
dicevo prima, mi piace scrivere. A questo proposito,
ricordo con piacere tre pubblicazioni, Garofani, Volantini
ora tocca a me partire (prefazione Adriano Sofri,
CalicEditore) e Peraspina Perapoma, la prima e la
terza edite da Treditre Editori; il terzo libro ha ottenuto
il Fiorino d’Argento nel 2019.
Un messaggio per i giovani che volessero intraprendere
la carriera dell’attore?
Gli direi che sarebbe meglio avere in primis un progetto
culturale di vita oltre al talento nella recitazione.
Questo è un lavoro di grande umiltà che si può
imparare anche dall’ultimo operatore del set.
Prossimi appuntamenti per chi volesse seguirti?
Sul set del film The new Pope
in forno e, ancora caldi, venivano poi intrecciati. Questa treccia
di fichi con mandorle è decisamente il mio cibo della memoria
perché mi riporta ai primi anni in cui stavo a Roma, dove spesso
erano il mio pranzo o la mia cena.
Ti piace cucinare?
Sarò nel cartellone della prossima stagione del Teatro
Comunale Niccolini di San Casciano con il monologo
intitolato Cin cin incontro col vino - da Noè a Giacomo Tachis. Invito
i miei lettori a seguirlo perché si tratta di di una coltissima
ed esilarante esegesi attraverso i secoli con protagonista il vino,
tema centrale di innumerevoli citazioni di moltissimi personaggi,
in un’ampia sintesi acuta e brillante.
Sì molto. Ho un repertorio molto ampio, dal piatto etnico al
sugo tradizionale. Ricordo che con amici francesi preparai un
piatto di spaghetti al sugo fatto col classico pomodoro, basilico
ed olio. Rimasero stupiti perché erano molto più buoni di
tutti quelli che avevano assaggiato fino ad allora. Cucino bene
anche la carne, arista, roast beef o scamerita. Il pesce invece
ho imparato a cucinarlo grazie a Marisa Laurito, che ho conosciuto
a casa del regista Marco Bellocchio.
Nella tua carriera ricordi qualche momento di condivisione
con altri attori?
Sì tanti. Nel mondo del “cinematografo”, come diceva Carlo
Monni, capita spesso di condividere momenti che si ricordano
con piacere. Uno in particolare con Francesco Nuti, con il
quale ci ritrovammo al Festival di Venezia, lui col film Madonna
che silenzio c’è stasera, io con Gli occhi e la bocca di Marco
Bellocchio. È stato come ritrovarsi con un parente all’estero
perché avevamo fatto lo stesso percorso con i Giancattivi anche
se partendo da due strade diverse. Ricordo che, quando
eravamo a Roma, andavamo sempre a mangiare a Il Matriciano;
a Firenze invece la zona era Piazza Santo Spirito.
Hai anche altre passioni?
ANTONIO PETROCELLI
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Benessere e cura
della persona
A cura di
Antonio Pieri
I profumi della Toscana sempre con te
di Antonio Pieri
Se avete avuto la fortuna di passare le vacanze in Toscana,
sicuramente il rientro sarà un po’ traumatico. Abbandonare
i fantastici paesaggi della nostra regione e
il cibo delizioso è sempre un problema. Però potete portare a
casa con voi i profumi di questa splendida terra grazie ai diffusori
per ambienti naturali di Idea Toscana.
Totalmente naturali
Se volete rendere la vostra casa unica e personale mantenendo
il ricordo della vostra vacanza in Toscana, i profumi
per ambiente, con i bastoncini di legno, gli spray o semplicemente
alcune gocce di essenze naturali sono l’accessorio
ideale. Ancora meglio se sono completamente naturali senza
aggiunta di componenti chimici e soprattutto senza ftalati.
Questo fa sì che anche un’esposizione prolungata non
provochi fastidi come pesantezza o mal di testa.
Ad ognuno il suo
I nostri profumatori per ambiente non sono tutti uguali ed è
molto importante scegliere quello giusto per i propri gusti e
per le proprietà benefiche di ogni fragranza.
energizzante, stimolante e dinamica, favorendo così il buon
umore e migliorando la concentrazione. Per questo motivo si
consiglia di posizionarlo in zone di studio o lavoro. È molto
utile anche in cucina per eliminare i cattivi odori.
Infine il profumatore alla Rosa sprigiona gradualmente la
sua fragranza di note fiorite e fresche di rosa turca, foglie
di geranio e lievi accenti fruttati di melone. È una fragranza
accogliente e rilassante che consigliamo di posizionare
nell’ingresso oppure nelle zone notte e di relax.
Il consiglio di Antonio
I nostri diffusori ambiente spray sono ottimi per essere
utilizzati come profumatori per l’auto. Due o tre spruzzate
daranno alla vostra auto un profumo naturale e duraturo.
Molto utili per disinfettare e profumare le ancora utili mascherine
facciali.
Durante la prossima vostra visita in Toscana vi aspettiamo nel
nostro punto vendita in Borgo Ognissanti 2 a Firenze per farvi
scoprire tutte le linee naturali e biologiche di Idea Toscana.
Il profumatore Olivo è caratterizzato
da fragranze fresche e
balsamiche che si associano
a un profumo erbaceo e vivace
di rosmarino e menta, capace
di rilassare e ridurre lo stress.
Questa fragranza è consigliata
per il soggiorno o zone di
relax, poiché riesce a rendere
l’ambiente sano, pulito e
fresco, portando benessere
al nostro corpo e alla nostra
mente.
Il profumatore Agrumi ha una
fragranza più fresca e frizzante
con note molto evidenti di
arancio, limone e bergamotto,
grazie alle quali dona all’ambiente
un’atmosfera vivace,
Antonio Pieri è amministratore delegato dell’azienda il Forte srl
e cofondatore di Idea Toscana, azienda produttrice di cosmetici
naturali all’olio extravergine di oliva toscano IGP biologico.
Svolge consulenze di marketing per primarie aziende del settore,
ed è sommelier ufficale FISAR e assaggiatore di olio professionista.
antoniopieri@primaspremitura.it
Antonio Pieri
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I PROFUMI DELLA TOSCANA
Cosmetici Naturali e Biologici per il Benessere
Le Vere Fragranze Naturali Toscane
OLIVO - AGRUMI - ROSA
IDEA TOSCANA - Borgo Ognissanti, 2 - FIRENZE | Viale Niccolò Machiavelli, 65/67 - SESTO FIORENTINO (FI)
Tel. 055.7606635 |info@ideatoscana.it | www.ideatoscana.it
Una banca coi piedi
per terra, la tua.
www.bancofiorentino.it